Sabato 25 maggio a partire dalle 9:30 si terrà a Como in Via Luigi Einaudi la prima manifestazione internazionale dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera, contro l’ingiusta tassa sulla salute, per il rispetto dell’accordo fiscale internazionale e per la piena applicazione del memorandum d’intesa
sottoscritto nel dicembre 2020 tra il Ministero dell’economia, le organizzazioni sindacali confederali italiane e l’Associazione dei Comuni di confine del dicembre 2020, tradotti, con voto unanime delle forze politiche in Parlamento, nella legge 83/23 del luglio scorso.
Con l’approvazione della legge di bilancio 2024, Governo e Parlamento hanno introdotto una nuova tassa sui frontalieri italiani attivi per lavoro in Svizzera, volta a finanziare un maggior salario ai lavoratori della Sanità nelle aree di confine. Una tassa che colpisce tutti i frontalieri ed i loro familiari a carico che lavorano in Svizzera ante 17/7/2023, a far data dal 1/1/24 con modalità non ancora determinate. Si tratta di un nuovo balzello introdotto a soli pochi mesi dall’entrata in vigore di un trattato internazionale che è stato negoziato per oltre dieci anni.
A nulla sono valse le nostre richieste di stralcio - fin dal mese di ottobre scorso, di un provvedimento iniquo, ingiustificato ed intempestivo e, verosimilmente, illegittimo.
Iniquo perché basato sul presupposto sbagliato: i frontalieri sono contribuenti indiretti nazionali attraverso i ristorni fiscali pari al 40% di quanto versato alla fonte in Svizzera.
Ingiustificato perché in contraddizione con quanto lo stesso Ministero della Salute ha sempre sostenuto (e ribadito con apposita circolare agli assessorati regionali alla sanità del 8 marzo 2016), quale ragione stessa dell’erogazione del SSN ai frontalieri fiscali (dentro la fascia dei 20 km dal confine svizzero) che hanno optato per la sanita nazionale.
Intempestivo e di dubbia legittimità, perché in aperto contrasto con i contenuti del neonato accordo fiscale che sancisce il diritto esclusivo della Svizzera a tassare i redditi di quei frontalieri che sono entrati nel mercato del lavoro elvetico tra il 31/12/2018 e il 17/7/2023. La tassa sulla salute introduce quindi un meccanismo illecito di doppia tassazione, pertanto contrario al modello adottato dai paesi OCSE. Anche per questa ragione la manifestazione vedrà la presenza del sindacato svizzero che, a buon diritto, si percepisce come parte lesa.
Nelle prossime settimane presenteremo le conclusioni del parere legale affidato ad un pool di avvocati e finalizzato a dissuadere l’applicazione del provvedimento nei prossimi mesi, le cui modalità attuative sono state demandate dal Governo alle quattro Regioni di confine. A tal proposito sollecitiamo le Regioni Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta ed Alto Adige ad aderire alla nostra richiesta di audizione già inoltrata il 2 aprile scorso.
Scendiamo in piazza anche per richiedere che il Governo italiano e i Cantoni svizzeri di confine trovino un’intesa definitiva circa la validità degli elenchi dei Comuni frontalieri, utili al fine di determinare lo status di “nuovo” e “vecchio frontaliero”. Chiediamo in particolare che il Governo italiano presti fede all’impegno preso con il nuovo Accordo fiscale di considerare quali “vecchi frontalieri” tutti coloro che hanno già lavorato in un Cantone di confine tra il 31/12/2018 e il 17/7/2023, vivendo in un Comune posto, in tutto o in parte, entro i venti chilometri dalla Svizzera (elenco peraltro concordato nel nuovo Accordo amichevole tra Italia e Svizzera del 23 dicembre 2023).
Desideriamo anche richiedere al Governo italiano di procedere con il decreto attuativo per il pagamento della NASPI senza limitazioni per i primi tre mesi, come da impegno sottoscritto con il MEF nel memorandum d’intesa del dicembre 2020. Sempre in linea con tale memorandum, chiediamo inoltre di riaprire la discussione sul telelavoro per individuare modalità più cogenti alla condizione di quei lavoratori e quelle imprese che, soprattutto a valle della pandemia, ne fanno un uso significativo.
A dieci mesi dall’approvazione della legge 83/23 è giunta l’ora di dare attuazione anche alle parti non strettamente fiscali, urge quindi convocare il tavolo interministeriale allo scopo, tra gli altri, di definire uno statuto del lavoro frontaliero che dia finalmente una veste giuridica al lavoro di frontiera. Il tavolo, costituito nel luglio scorso, non è mai stato convocato malgrado molte nostre sollecitazioni.
La manifestazione, come detto, vedrà la presenza anche dei sindacati svizzeri. I recenti dati dell’Ufficio federale di statistica, ci dicono infatti che il salario mediano dei frontalieri in Ticino è del 20% in meno di quello dei residenti, mentre nel resto della Svizzera queste differenze non si registrano. L’occasione sarà quindi utile per rimarcare quelle che sono le reali cause che generano il dumping salariale, del quale i frontalieri non sono la causa, bensì le vittime, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori residenti. In Svizzera assistiamo infatti ad una progressiva messa in discussione della contrattazione collettiva in favore di interessi imprenditoriali senza regole. Eppure è proprio nei settori sprovvisti di contratti collettivi che si manifesta il fenomeno del dumping salariale, presente in modo molto minore nei comparti economici dove vige da tempo una solida tradizione contrattuale.
CGIL CISL, UIL UNIA, OCST, SYNA