La carenza di materie prime e semilavorati che stanno affrontando le aziende di tutto il mondo ha assunto i contorni di una vera e propria crisi.
Il presidente della Confederazione Guy Parmelin ha espresso la sua preoccupazione domenica 24 ottobre e ha ventilato un ritorno al lavoro ridotto per sostenere l’occupazione.

L’OCST segnala che attualmente viene negato il diritto alle imprese colpite da questo problema che fanno richiesta di lavoro ridotto, sostenendo che questo genere di rischio appartiene ai cosiddetti «rischi aziendali» per i quali le imprese non possono ricevere sostegno.
Si tratta però in maniera evidente di una situazione differente. L’OCST ricorda che già nel mese di febbraio del 2020 era stata presa una posizione analoga all’inizio dell’emergenza Coronavirus. In quel momento l’OCST aveva scritto alla Segreteria di Stato dell’economia per segnalare che era invece necessario un deciso sostegno alle imprese e all’occupazione. Oggi rinnoviamo la richiesta in questo senso.
La crisi di fornitura è globale e sta colpendo a catena aziende in tutto il mondo. Non può essere per questo sostenuta dalle imprese a meno di interventi drastici. Bisogna evitare nella maniera più assoluta che quanto accade in questo periodo lasci un segno duraturo sul mercato del lavoro ticinese. Nuovamente ci troviamo a dire: vale la pena investire sul lavoro ridotto piuttosto che assistere a licenziamenti massicci, che causano costi immensi alla collettività in termini umani ed economici, oltre che alle imprese. I licenziamenti impedirebbero alle imprese di reagire tempestivamente nel momento in cui la carenza di uno o dell’altro elemento dovesse risolversi.
Accanto a questo intervento necessario e urgente, chiediamo che ci si impegni seriamente per ridurre i rischi dovuti alle catene di fornitura globale. Mai come in questi ultimi due anni è stato evidente il prezzo del trasferimento della produzione verso i paesi dove il costo della manodopera è più basso. L’organizzazione attuale della «catena del valore», fondata su un’idea della massimizzazione del profitto sul breve termine, sta invece portando ad una paralisi economica che, seppur come tutti speriamo, temporanea, avrà ingenti costi per le nostre comunità. La dipendenza da materie prime, semilavorati e beni ha portato ad un trasferimento delle competenze e della capacità innovativa: sulla progettazione, sulla produzione, sulla conoscenza dei materiali… Bisogna analizzare quali siano le produzioni chiave sulle quali vale la pena tornare ad investire alle nostre latitudini.