Il 4 luglio i sindacati OCST, Unia, VPOD, SEV, syndicom e SSM hanno lanciato in Ticino la campagna contro la riforma della LPP in votazione il prossimo 22 settembre.

È una riforma sbagliata perché tutti ci perdono: dovremo pagare di più, per l’aumento dei contributi salariali mensili fino a 206 franchi al mese, e riceveremo di meno, perché a parità di capitale cumulato, le rendite saranno inferiori del 12%. È una riforma che impoverisce le assicurate e gli assicurati che già oggi si trovano ad affrontare una riduzione importante del potere d’acquisto a causa dell’aumento del rincaro e dei premi della cassa malati.

Giangiorgio Gargantini, segretario regionale Unia lo ha ben sottolineato nel suo intervento durante la conferenza stampa di oggi: “Un’ulteriore diminuzione del potere d’acquisto di lavoratrici e lavoratori, in un Ticino già devastato dalla problematica dei bassi salari, avrà conseguenze su tutta l’economia cantonale, quindi ad esempio anche sul piccolo commercio e la ristorazione: meno potere d’acquisto, significa meno soldi spesi sul territorio”.

È una riforma che rende troppo onerosa l’estensione dell’assicurazione a chi lavora a tempo parziale o riceve salari bassi. La riforma abbassa la soglia di entrata e la deduzione di coordinamento, tuttavia questi cambiamenti non sono efficaci perché i nuovi assicurati ogni mese dovranno versare dei contributi che ridurranno le loro entrate già esigue, per ottenere, alla fine della carriera lavorativa, una rendita modesta e non sufficiente per aumentare la qualità di vita.

Anche le donne non ne beneficeranno, nonostante dopo l’aumento dell’età di pensionamento sia stato promesso loro un miglioramento dell’assurdo divario a livello pensionistico, che ne aumenta il rischio di povertà dopo il pensionamento. Come tutti si ritroveranno a pagare molto di più per ricevere meno. Davina Fitas, Coordinatrice donna-lavoro OCST, ha spiegato: “Alla fine della carriera, la pensione sarà comunque insufficiente anche perché la riforma non prevede nessuna compensazione degli inconvenienti dovuti alle interruzioni di carriera e alla ripartizione diseguale del lavoro non remunerato tra uomini e donne”.

Neppure i giovani sono favoriti, come ha ricordato Giulia Petralli, responsabile di settore VPOD: “Di fatto, le generazioni future saranno penalizzate per ben due volte. Innanzitutto, saranno chiamate a pagare contributi maggiori a fronte di salari stagnanti. Di conseguenza si vedranno nell’immediato sgretolare tra le mani il proprio potere d'acquisto. E per cosa? Per rendite pensionistiche minori. Infatti, il costante abbassamento del tasso di conversione e l’incessante volontà di aumentare l’età pensionabile, finiranno per permettere ai giovani lavoratori di oggi di accedere in un domani sempre più lontano a rendite pensionistiche sempre più misere”.

È una riforma ingiusta che prevede una piena compensazione delle perdite solo per una piccola parte della generazione di transizione, cioè quelle persone che subiscono la riduzione della rendita senza nemmeno avere la possibilità, a causa dell’età, per cumulare un capitale di vecchiaia più alto.

È una riforma della quale beneficia soprattutto il sistema finanziario, che avrà a disposizione ogni anno ancora più capitali di investimento che tuttavia fruttano alle assicurate e agli assicurati sempre meno per il loro futuro. Nell’ultimo decennio il tasso di conversione è sceso del 20% e le casse pensioni dispongono già oggi di riserve sufficienti per affrontare la sfida demografica.

I sindacati OCST, UNIA, VPOD, SEV, syndicom e SSM invitano le cittadine e i cittadini a non farsi spaventare dallo spauracchio di chi sostiene che non ci sono alternative, che questa è l’unica riforma possibile e che è urgente agire! Si può e si deve fare meglio per garantire un presente e un futuro sereno alle lavoratrici e ai lavoratori. Per questo chiedono di respingere con decisione e senza tentennamenti la riforma LPP 21 il 22 settembre.