Si è chiusa oggi, venerdì 15.11.2024, la procedura di consultazione avviata con l’annuncio di Bally Schuhfabriken AG di Caslano di voler procedere con un licenziamento collettivo.

Ne è risultato un piano sociale, firmato da tutte le parti (rappresentanti del personale di fabbrica, rappresentanti del personale degli uffici, OCST e direzione), esclusivamente incentrato sul miglioramento delle condizioni di uscita per chi rientrerà nel novero delle persone licenziate.

Ripercorriamo velocemente antefatti, posta in gioco e obiettivi raggiunti. Bally SA, storico produttore svizzero di scarpe di alta gamma, ad agosto viene venduta a un fondo statunitense, Regent LP, il quale ha acquistato la proprietà con il chiaro intento di ridurne innanzitutto i costi. Una diminuzione di spese pari al costo di sessantacinque posti di lavoro. Con queste premesse il management ha inizialmente messo sul piatto fondi insufficienti a garantire un’uscita dignitosa dei lavoratori in esubero. Le risorse messe a disposizione prevedevano di concedere ai sessantacinque uscenti solo il minimo legale, ovvero la retribuzione durante il periodo di disdetta (di uno, due o tre mesi a dipendenza dell’anzianità di servizio), più una buonuscita di due mensilità.

L’accordo raggiunto, grazie all’impegno dell’OCST, garantisce un piano sociale secondo il quale a tutti gli uscenti verranno concesse tre mensilità di disdetta e tre mensilità di buonuscita. Un risultato solo in parte soddisfacente. La direzione resta irremovibile sul fatto che procederà ad un taglio delle spese pari al costo di sessantacinque posti di lavoro. Questo taglio potrebbe essere operato tramite la riduzione di sessantacinque unità lavorative o distribuendo in modo più ampio la riduzione del tempo di lavoro. A coloro che verranno toccati, il piano garantisce un po’ più di tempo e di risorse per ricostruire la propria situazione professionale.