Il ruolo del sindacato è di vigilare sul mercato del lavoro e di denunciare le distorsioni che subiscono i lavoratori. È in questo modo che fa politica. È ciò che ha fatto l’OCST in questi anni, cercando di evidenziare le difficoltà che il nostro mercato del lavoro vive quotidianamente. Difficoltà che troppo spesso la politica cerca di nascondere sotto un tappeto, esacerbando il sentimento di impotenza di molte lavoratrici e molti lavoratori.
Nell’avvicinarsi alle votazioni del 27 settembre, durante un incontro di approfondimento al quale hanno partecipato i funzionari dell’OCST e i membri del Consiglio esecutivo, si è discusso dell’iniziativa in votazione volta ad abolire l’accordo sulla libera circolazione delle persone.
È emerso in primo luogo che la posta in gioco è l’abolizione di tutti gli accordi. Infatti non è in nessun modo in discussione l’esistenza di una clausola ghigliottina, contenuta nell’art. 25 cpv. 4 degli accordi, la quale prevede in modo automatico appunto un effetto a catena per il quale, senza necessità di discussione alcuna, tutto il pacchetto andrebbe a cadere. Si tratta di un punto di partenza importante. 
I contenuti degli accordi sono molto rilevanti per l’economia, il commercio e la ricerca in Svizzera e la loro abolizione avrebbe conseguenze notevoli. Inoltre la situazione del nostro Paese non è paragonabile a quella della Gran Bretagna, dato che la Svizzera non è mai entrata nell’UE e ha invece fin da subito tentato di fare ciò che i britannici provano ora: la conclusione di accordi settoriali. Con il clima che percepiamo oggi nell’Unione europea è difficile pensare che la Svizzera, dopo aver disdetto questi accordi, riesca di nuovo nell’impresa. 
L’OCST sostiene da tempo che ciò che è necessario oggi per il mercato del lavoro è una maggiore regolamentazione, raggiunta con un sostegno di tutte le parti attraverso i contratti collettivi. Del resto nel nostro cantone nei settori che beneficiano di contratti nazionali o regolati su criteri definiti a livello nazionale, come la sanità e l’edilizia, nei quali è molto alta la percentuale di lavoratori stranieri, non si percepisce sofferenza sui livelli salariali come invece nei settori meno o non regolamentati come il terziario. È quindi tramite il contratto collettivo che si difendono gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, senza nessuna discriminazione basata sulla provenienza, ed in modo efficace. 
Chi ha promosso l’iniziativa «Per un’immigrazione moderata» in questi anni non ha fatto altro che ostacolare qualunque misura sociale e qualsiasi tentativo di regolamentazione del mercato del lavoro passato dal Parlamento. Anche in questo caso non è stato proposto nessun piano nel caso in cui l’iniziativa passasse. Questo invece sarebbe stato importante e necessario. Specialmente in questo momento nel quale, purtroppo, la crisi economica conseguente alla pandemia inizia a far sentire la propria forza. 
Il comitato direttivo dell’OCST discuterà e prenderà posizione su questo tema nella sua seduta di martedì prossimo.
 
Renato Ricciardi