Il sindacato OCST è fortemente impegnato in questa campagna contro la riforma AVS 21 perché la ritiene inadeguata ed ingiusta.

L’AVS è il più importante dei nostri pilastri pensionistici perché è l’unica fonte di reddito per tutte quelle persone che non sono coperte dalla LPP. E sono molto numerose specialmente fra le donne. Proprio per questo nel nostro paese esiste un divario pensionistico tra uomini e donne del 37%: un’enormità.
Per garantire un livello di reddito accettabile per tutte e tutti al momento della pensione è quindi necessario rafforzare l’AVS, non indebolirla!
Questa riforma risolve il problema del finanziamento dell’AVS nel modo più banale possibile: aumentando di un anno l’età di pensionamento delle donne. Ma non è certamente a carico delle donne che deve essere risanata l’AVS. La solidità dell’AVS è un problema di tutti, ma le donne sono le più penalizzate proprio perché si prendono a carico il lavoro non retribuito durante tutta la vita attiva e questo non viene riconosciuto a livello pensionistico.
Secondo un recente rapporto del Wef (World economic forum, Global Gender Gap Report 2022) le donne raggiungeranno la parità tra 132 anni. A meno che non si voglia affrontare in modo più deciso il problema della disparità salariale, si dovranno attendere 132 anni per parificare l'età di pensionamento di donne e uomini.
Voglio concludere portando nella discussione un ulteriore dato di realtà. Chiunque si trovi senza lavoro o desideri cambiare professione a partire dai 50 anni avrà sperimentato quanto sia difficile ricollocarsi. Il 60% delle persone giunge all'età di pensionamento attuale senza un posto di lavoro. Che senso ha dunque aggiungere ora un anno di lavoro alle donne e addirittura programmare di spostare l'età di pensionamento per tutti a 67 anni? Ciò che non dovrà versare l'AVS dovrà certamente essere versato da un'altra assicurazione sociale.

Davina Fitas, Responsabile OCST Donna-lavoro

 

Il prossimo passo sarà il pensionamento a 67 anni per tutti

Giovedì 25 agosto a Bellinzona un comitato che riunisce diverse realtà associative, politiche e sindacali ha ribadito la necessità di opporsi all’aumento dell’età di pensionamento delle donne, prima tappa verso l’aumento generalizzato a 67 anni per tutti. Gli oggetti in votazione il 25 settembre saranno due, in quanto AVS 21 comporta anche l’aumento dell’IVA. Si tratta di una riforma che «peggiora e aggrava le disuguaglianze» spiega Chiara Landi (Unia). «Ancora oggi in Svizzera le donne sono pagate meno degli uomini per fare lo stesso lavoro. È un’ingiustizia inaccettabile» ha ricordato Tamara Merlo (Più Donne).
In Svizzera le donne guadagnano in media il 19% in meno degli uomini. La maggior parte del lavoro domestico, educativo e di cura viene svolto gratuitamente dalle donne, che per questo hanno un grado d’occupazione mediamente più basso degli uomini. Queste disuguaglianze hanno poi un impatto diretto sulle pensioni delle donne, che sono in media del 37% inferiori a quelle degli uomini. Secondo un recente rapporto del Wef (Gender Gap Report 2022) a livello globale le donne raggiungeranno la parità tra 132 anni, ha rimarcato Davina Fitas (OCST).
La Svizzera ha mezzi per garantire una pensione dignitosa a tutte e tutti, afferma il comitato, ricordando che nel 2020 le casse dell’AVS hanno registrato un risultato positivo di 1,9 miliardi di franchi. 2,58 miliardi nel 2021. La Costituzione federale stabilisce che l'AVS deve garantire i bisogni fondamentali, eppure con AVS 21 si vanno a risparmiare sulle spalle delle donne 10 miliardi di franchi; «un vero e proprio furto» sottolinea Lorena Gianolli (Vpod), equivalente a una riduzione della rendita AVS di 26’000 franchi.
Se dovesse passare il sì, sarà presto il turno degli uomini. «Ciò che in realtà si cela in questa riforma è la volontà di portare l’età pensionabile per tutti a 67 anni» ha detto Françoise Gehring (Sev). Anche gli uomini hanno tutto l’interesse a smascherare una riforma che altro non è che un insidioso grimaldello per aumentare l’età della pensione. I progetti in questo senso ci sono già e sono ben concreti. Inoltre, ha aggiunto: «Oggi solo la metà degli uomini e delle donne esercitano un’attività lucrativa un anno prima del pensionamento. Il mercato del lavoro esclude brutalmente le persone che si avvicinano a fine carriera. Per l’economia costano troppo». Aumentare l’età di pensionamento significa quindi aumentare il numero di persone in disoccupazione o spingerle a chiedere gli aiuti sociali. Senza dimenticare che l’aumento dell’IVA peserà proporzionalmente in modo nettamente maggiore sui redditi bassi rispetto ai redditi alti. L’IVA, ha ribadito Massimiliano Ay (PC) è un’imposta altamente anti-sociale e che andrebbe a ridurre ulteriormente il potere d’acquisto dei cittadini in un contesto caratterizzato dal rincaro.
Lorenza Giorla (FA) ha ricordato che la politica dovrebbe pensare «a compensare l’aumento dei prezzi, a ridurre il tempo di lavoro, a ridurre i premi insopportabili della cassa malati», piuttosto che andare a colpire ulteriormente chi deve campare con pensioni basse. Con AVS 21 si pagherà di più e si riceverà di meno. Solo i più benestanti potranno permettersi di andare in pensione anticipata, illustra Federica Caggia (PS): «Vogliamo una riforma dell’AVS che sia solidale, che migliori le condizioni di vita, rifiutiamo AVS 21 perché crea ulteriori ingiustizie». Si tratta di una riforma ipocrita frutto di una società che fonda la sua struttura lavorativa sulla discriminazione e che non offre adeguati servizi per favorire la conciliabilità tra vita familiare e lavoro, ha insistito Samantha Bourgoin (Verdi).
Monica Bonetti (Collettivo Io l’8) ha chiarito l’uso strumentale che si sta facendo del concetto di parità: «Ci viene detto che la riforma dovrebbe portare la giusta parità tra uomini e donne. Come è possibile che quando si parla di parità spesso si toglie alle donne quel poco che hanno. La possiamo chiamare la parità al ribasso o al contrario, perché non si diminuisce un anno di lavoro agli uomini? Anche così avremmo la parità. Purtroppo come spesso succede la parità viene concepita contro le donne».
Esistono altre strade per stabilizzare davvero l’AVS, ha detto Lisa Boscolo (Coordonne) come quella di battersi per la parità salariale. Eliminando le discriminazioni salariali l’AVS otterrebbe un contributo stimato a diverse centinaia di milioni annui, a cui si potrebbe aggiungere un ulteriore apporto economico se il tasso di occupazione delle donne aumentasse davvero grazie a una migliore ripartizione di compiti e a misure efficaci per la conciliazione tra lavoro e famiglia. Presente in sala per portare il suo sostegno al comitato, anche l’ex rettore dell’USI Boas Erez che ha confermato, dati alla mano, come una seria lotta alle discriminazioni salariali porterebbe nelle casse dell’AVS l’equivalente di quanto si vorrebbe andare a risparmiare nel progetto AVS 21 a spese delle donne. Il comitato unitario invita dunque a votare per la solidarietà e contro l’ingiustizia: 2xNO ad AVS 21.

Il comitato riunisce le seguenti organizzazioni: OCST, Syndicom, SEV, SISA, SSM, Unia, USS-Ti, Vpod, PS, Giso, Verdi, ForumAlternativo, PC, POP, Più Donne, Coordinamento donne della sinistra, Rete Nateil14giugno, Collettivo Io l’8 ogni giorno, Movimento AvaEva.