Senza entrare nel merito dell’opportunità in generale di una riforma fiscale, l’OCST è nettamente contraria alla riforma che viene proposta in un momento totalmente inopportuno.

È una misura che peraltro penalizza decisamente i comuni i quali si vedono ridotti gli introiti in maniera importante. Ricordo che gli stessi comuni finanziano molti importanti servizi alla popolazione, come le case per anziani e i servizi di cura e assistenza a domicilio.
Ridurre le risorse in questo ambito significa dunque penalizzare le lavoratrici e i lavoratori del settore e di conseguenza, gli utenti.
I comuni dovranno quindi trovare le risorse per finanziare i vari servizi e saranno costretti, di riflesso, ad aumentare il moltiplicatore.
Questo significa che le persone che appartengono al ceto medio in nessun modo beneficeranno dello sconto fiscale dell’1,66%, perché questo sconto verrà compensato da un aumento delle tasse.
È ancora vivo l’eco delle proteste della piazza per i tagli imposti con il preventivo 2024. 
Tagli che l’OCST ha fortemente combattuto perché hanno colpito migliaia di lavoratrici e lavoratori che offrono quotidianamente servizi essenziali alla popolazione, in particolare ai più bisognosi: disabili, anziani, malati, giovani in difficoltà.
Oggi già sappiamo, perché è stato annunciato, che dobbiamo attenderci altri tagli nel 2025 e nessuno ci dice che, in seguito, le varie ghigliottine non obbligheranno a stringere nuovamente la cintura. 
In questo contesto ci viene proposta una riforma fiscale che andrebbe a ridurre ulteriormente le entrate fiscali.
Le entrate fiscali non sono un furto dello Stato! Servono a finanziare tutta una serie di servizi che vanno a beneficio della collettività: l’apparato sociale che sostiene gli anziani, i disabili, i malati e le persone in difficoltà e i sussidi che vanno a beneficio dei più poveri! 
Tagliare le entrate fiscali oggi significa tagliare i servizi e il sostegno dello Stato a chi è in difficoltà, senza offrire nessuna alternativa. Significa tagliare lo stipendio alle lavoratrici e ai lavoratori che offrono questi servizi; significa, per esempio, mantenere lo stesso numero di dipendenti nelle strutture sociosanitarie, anche se gli utenti sono in continuo aumento e i problemi sempre più complessi.
In queste condizioni, oggi, questa riforma «non s’ha da fare», non è il momento.
Ha senso concedere un risparmio fiscale ai più benestanti e contemporaneamente operare tagli sulla socialità? Non ha nessun senso. Per questo diciamo NO, ora no, non è proprio il momento!

Davina Fitas, Responsabile del settore pubblico e docenti