Il 14 giugno ricorre il 43esimo anniversario dall’introduzione nella Costituzione federale del principio della parità tra uomo e donna. Negli scorsi giorni, l’Ufficio federale di statistica ha pubblicato un documento intitolato «Uguaglianza tra donna e uomo» che in realtà fornisce una rappresentazione statistica della disparità di condizioni tra i due generi.
Da una parte, ci sono i dati macroscopici sulla disparità salariale e sulla conseguente disparità a livello pensionistico che non accennano a essere sanate e sono molto alte anche nel confronto internazionale. Dall’altra, la partecipazione al mercato del lavoro, in crescita, ma non abbastanza specialmente nel nostro Cantone, e la quota di lavoro a tempo parziale per le donne, fanno emergere una fortissima differenza tra la condizione maschile e quella femminile rispetto alla ripartizione delle responsabilità di cura e di educazione a livello familiare. Questo perché oggi le ragazze godono delle stesse opportunità dei ragazzi sino al momento in cui hanno dei figli o si suppone che possano averne.
Il modello dell’equa suddivisione dei compiti a livello familiare è certamente il più desiderabile perché permette di mantere a entrambi i genitori una vicinanza con i figli e, contemporaneamente, di impegnarsi in modo importante nell’attività retribuita facendo fruttare quanto appreso nel corso degli studi. Tuttavia, oggi questo modello viene adottato solo dal 9% dei genitori. D’altra parte, solo il 14% delle famiglie sceglie il modello nel quale entrambi i genitori lavorano a tempo pieno, probabilmente perché è possibile solo grazie ad un sostanzioso sostegno dall’esterno per quanto riguarda la cura dei figli. In tutti gli altri casi, chi rinuncia all’attività lavorativa, completamente o parzialmente sono le donne. In questo contesto, un dato che sicuramente influisce nell’impiegabilità di una donna con figli a tempo pieno è la cura dei figli malati che, nel 74% dei casi, è affidata alla madre.
È necessario un cambio di mentalità. Se da una parte infatti alcune aziende parlano di ridurre il tempo di lavoro settimanale, altre non sono per nulla disposte a concedere nemmeno il tempo parziale agli uomini o a offrire posizioni di responsabilità a chi opera a tempo parziale. Anche le proposte di formazione continua non toccano tutti in modo uniforme. In sostanza, chi lavora a tempo parziale è confrontato a delle rinunce professionali e perde una serie di opportunità.
Come sindacato siamo dunque chiamati a fare dei passi concreti verso un maggior riconoscimento del valore del lavoro di cura e della necessità, dimostrata dai dati, di migliorare la conciliabilità tra impegni familiari e lavorativi e di valorizzare il lavoro a tempo parziale. OCST donna-lavoro ha lanciato un questionario che vuole sondare le necessità e i desideri delle donne riguardo alla conciliabilità e alla formazione, dal quale scaturiranno una serie di iniziative concrete nel corso dell’anno. Un invito dunque a partecipare!
Davina Fitas, Coordinatrice OCST donna-lavoro