Nonostante la pessima valutazione intermedia della legge sulla parità dei sessi pubblicata il 7 marzo (vedi a lato), il Consiglio federale non propone alcuna misura per migliorare il rispetto della legge da parte delle aziende; intende solamente ripetere la valutazione due anni prima del previsto.

Eppure, il rapporto mostra che più della metà delle aziende non rispetta gli obblighi di legge in materia di lotta alla discriminazione salariale. Vista la mancanza di volontà da parte delle aziende e del Governo, Travail.Suisse ritiene che spetti al Parlamento colmare immediatamente le evidenti lacune della legge.

Sebbene lo studio della valutazione intermedia dell’ultima revisione della Legge sulla parità dei sessi (LPar) sia stato completato durante l’estate del 2024, il Consiglio federale lo ha pubblicato solo il 7 marzo. I risultati sono chiarissimi: più della metà delle aziende non rispetta i requisiti di legge: in materia di analisi salariale, di verifica dell’analisi da parte di enti terzi e di successiva comunicazione al personale. È lampante che la mancanza di sanzioni spiega il non rispetto della legge. Travail.Suisse aveva criticato questa assenza di sanzioni fin dall’introduzione della legge, definendola «una tigre di carta». 

Il Consiglio federale non vede la necessità di intervenire
Sebbene la valutazione dimostri che la legge viene disattesa dalla maggior parte delle aziende, il Consiglio federale non propone alcuna misura concreta per migliorare la situazione. L’unica concessione è quella di anticipare di due anni la valutazione. Valérie Borioli Sandoz, responsabile a Travail.Suisse delle politiche per la parità dei sessi commenta: «Possiamo già affermare con certezza che anche i risultati della nuova valutazione saranno altrettanto sconfortanti. Le disuguaglianze salariali inspiegate continuano ad aumentare, come dimostra l’ultima analisi dell’UST». Una valutazione dell’analisi salariale effettuate nell’ambito del progetto RESPECT8-3.CH e pubblicata da Travail.Suisse l’8 marzo 2024 che si basava sui dati di circa 200 aziende, ha portato a risultati altrettanto deludenti. Valérie Borioli Sandoz aggiunge: «Per Travail.Suisse è giunto il momento di agire invece di chiedere ulteriori rapporti i cui esiti sono già scontati».

Pretendiamo misure efficaci contro la discriminazione salariale
Lunedì 3 marzo, un’ampia «Coalizione contro la discriminazione salariale» (si veda «il Lavoro del 13 marzo) composta da 52 organizzazioni e guidata da Travail.Suisse ha espresso la sua esasperazione in una lettera aperta al Consiglio federale in cui chiede una revisione della Legge sulla parità dei sessi e misure efficaci contro la discriminazione salariale. Siccome il Consiglio federale non sembra disposto ad agire, spetta ora al Parlamento dimostrare la sua volontà a cambiare le cose. I primi passi sono già stati mossi: Léonore Porchet, vicepresidente di Travail.Suisse e Consigliera nazionale, ha presentato a dicembre una mozione che chiede a tutte le aziende interessate, senza eccezioni, di ripetere le analisi salariali. In una mozione presentata il 6 marzo, la Consigliera degli Stati Maya Graf chiede l’abolizione della cosiddetta clausola di caducità, che prevede la scadenza automatica dell’obbligo di analisi salariali il 1. luglio 2032.
Travail.Suisse e la Coalizione contro la discriminazione salariale continueranno a impegnarsi per colmare le mancanze della legge sulla parità. Bisogna trasformare questa «tigre di carta» in una potente belva in grado di lottare contro la discriminazione salariale.

Trad. C. Calderoni