Le norme legali concernenti il telelavoro effettuato dai frontalieri sono in continua evoluzione.

Nella serata di giovedì 17 novembre, l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) ha comunicato la decisione dell’Unione Europea di sospendere fino al 30 giugno 2023 il limite temporale del 24,99% normalmente concesso quale soglia invalicabile per il telelavoro effettuato dai frontalieri. Fino a quella data sarà dunque possibile lavorare in home office anche oltre la citata percentuale senza avere impatti di natura previdenziale (cioè senza il rischio di dover essere annunciati all’INPS in Italia).
L’UFAS comunica inoltre che dopo il 30 giugno 2023 «è possibile che le regole di assoggettamento vengano adeguate o interpretate in modo tale che un livello di telelavoro superiore al 25% possa essere svolto nello Stato di residenza senza modificare la competenza della sicurezza sociale. Una possibile attuazione concreta sarà discussa nei prossimi mesi a livello europeo e tra la Svizzera e gli stati limitrofi». È ancora presto per sapere nel dettaglio quali saranno queste nuove regole. Il nostro sindacato, che siede all’interno dell’ETUC a Bruxelles, monitorerà l’andamento dei negoziati e vi darà ogni aggiornamento in merito.
Per quanto concerne invece il discorso fiscale resta ancora in vigore l’Accordo amichevole tra Italia e Svizzera che ne ha sospeso ogni impatto.
Riprendiamo per maggiore chiarezza il tema punto per punto. L’inquadramento giuridico del telelavoro effettuato dai frontalieri è un tema molto articolato in quanto genera due livelli di impatto, uno previdenziale (ovvero che riguarda i contributi pensionistici) e uno fiscale (ovvero che riguarda la tassazione del reddito da lavoro).

Impatti previdenziali
In base al diritto europeo (art. 13 del Reg. CE n. 883/04 e art. 14 del Reg. CE n. 987/09), una persona residente in Italia che sottoscrive un contratto di lavoro in Svizzera può lavorare da casa al massimo per il 24,99% del tempo di lavoro previsto dal contratto stesso.
In caso di superamento di questa soglia l’autorità previdenziale italiana (cioè l’INPS) acquisisce la facoltà di richiedere all’azienda svizzera l’incasso del relativo contributo in Italia, il che implicherebbe molta burocrazia oltre a maggiori oneri finanziari. Questo limite è stato tuttavia sospeso dall’inizio della pandemia e lo rimarrà appunto fino al 30 giugno 2023. Dopo quella data l’Unione Europea si pronuncerà con dei nuovi regolamenti.

Impatti fiscali
In base all’Accordo tra Italia e Svizzera sulla tassazione dei frontalieri del 1974, il frontaliere residente nei Comuni di frontiera, nel caso svolga intere giornate di lavoro su suolo italiano, è tenuto a dichiarare all’Agenzia delle Entrate la quota di reddito maturata in quegli stessi giorni. Come noto, durante la pandemia è stata però sospesa anche questa implicazione grazie ad un Accordo amichevole transitorio stipulato da Italia e Svizzera. Tale Accordo – come sempre spiegato dall’OCST – si rinnova in modo tacito (e dunque automatico) di mese in mese, salvo una revoca ufficiale da parte degli Stati. Vi era il timore che l’Accordo potesse terminare il 30 giugno 2022 ma in luglio è arrivata la conferma da parte degli Stati che esso andrà avanti a tempo indeterminato fino a comunicazione contraria.
Per il momento dunque ogni impatto resta sospeso.

Andrea Puglia