Il nuovo accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri
Le Commissioni congiunte Affari Esteri e Finanze del Senato hanno dato il via libera al testo di ratifica del nuovo Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri. Nelle prossime settimane seguiranno la votazione formale in Senato e il passaggio alla Camera. I tempi sono dunque pienamente maturi affinché l’Accordo possa entrare in vigore con il primo gennaio 2024.

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Ripercorriamo l’argomento nel dettaglio
Dopo anni di trattative, il 23 dicembre 2020 l’Italia e la Svizzera hanno firmato un nuovo Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri che andrà a sostituire il precedente Accordo del 1974.
Nel nuovo patto bilaterale è previsto che i «nuovi frontalieri» avranno un meccanismo di tassazione concorrenziale tra Italia e Svizzera (ovvero pagheranno l’imposta alla fonte nel Cantone di lavoro ma dovranno poi pagare l’IRPEF in Italia secondo le aliquote ordinarie con detrazione per quanto già pagato in Svizzera).

La clausola per i «vecchi frontalieri fiscali»
La concertazione tra il sindacato e la politica ha fatto sì che nel nuovo Accordo tra gli Stati venisse inserita una clausola di salvaguardia per i cosiddetti «vecchi frontalieri fiscali», i quali continueranno ad essere tassati esclusivamente in Svizzera fino alla pensione, anche in caso di cambiamento del posto di lavoro o di periodi disoccupazione.
I «vecchi frontalieri fiscali» sono coloro che:
- hanno la residenza fiscale nei Comuni di confine (ovvero che qui sono iscritti come residenti, hanno la dimora abituale e il centro degli interessi familiari);
- hanno il rientro giornaliero tra Italia e Svizzera (ovvero non dispongono di un’abitazione in Svizzera per il soggiorno settimanale);
- hanno lavorato con queste condizioni in Canton Ticino, Grigioni o Vallese per un periodo (anche breve) compreso tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore del nuovo Accordo;
- mantengono nel tempo queste condizioni.
La clausola di salvaguardia è come detto già inserita nel nuovo Accordo e in quanto tale non può essere annullata o modificata dal Parlamento italiano. Si tratta pertanto di un punto che non è in discussione.

Le rivendicazioni del sindacato a favore dei «nuovi frontalieri»
I sindacati sono anche riusciti ad ottenere l’inserimento nel testo della legge di ratifica dell’Accordo alcune condizioni di favore che andranno a limitare gli impatti dell’Accordo sui nuovi frontalieri (oltre che migliorare la situazione degli attuali frontalieri «fuori fascia», i quali già oggi pagano le imposte sul reddito svizzero in Italia). In particolare:
- l’aumento della franchigia a 10’000 €;
- la deducibilità dei contributi per il prepensionamento di categoria;
- la deducibilità degli assegni familiari svizzeri.


Telelavoro dei frontalieri: la follia dell’erario italiano
Dal 1. febbraio 2023 si diventa tassabili su tutto il reddito svizzero.
Un ennesimo fulmine a ciel sereno scuote il mondo dei frontalieri e in particolare coloro che desiderano svolgere una parte della propria attività in telelavoro.
Rispondendo ad un apposito interpello, l’Agenzia delle Entrate ha emesso ieri un parere spietato che accende la rabbia (e l’incredulità) delle parti sociali, delle aziende e soprattutto dei lavoratori.
La sentenza espressa dall’erario italiano è netta: dal 1. febbraio 2023 se un frontaliere residente nei Comuni di confine farà anche un solo giorno intero di telelavoro diventerà tassabile in Italia su tutto il proprio reddito!
L’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate si basa sul principio della violazione del «rientro giornaliero». Questo elemento è infatti da sempre una condizione necessaria per poter beneficiare della tassazione esclusiva del reddito da lavoro in Svizzera in base a quanto previsto dall’Accordo sulla tassazione dei frontalieri del 1974. L’Agenzia ha ora deciso di interpretare questo criterio alla lettera (con un formalismo che distrugge ogni buonsenso). Secondo l’erario con il telelavoro di fatto il frontaliere interrompe questo meccanismo e questo lo porrebbe fuori dal dettato dell’Accordo del 1974, facendolo rientrare nella più generale Convenzione contro le doppie imposizioni.
Tradotto in parole più semplici: per poter pagare le tasse solo in Svizzera è necessario che il frontaliere non lavori nemmeno un intero giorno dal proprio domicilio (faranno eccezione i giorni parzialmente lavorati da casa, cioè quelle giornate in cui il frontaliere valicherà comunque il confine e si recherà in Svizzera, seppur per una parte ridotta del tempo di lavoro).
Si tratta di un’interpretazione che ha molti passaggi contestabili. Tuttavia fino a quando le Autorità non faranno maggiore chiarezza, il frontaliere dei Comuni di confine che farà telelavoro in caso di controllo incorrerà nel rischio pericoloso di vedersi tassato l’intero reddito da lavoro in Italia (con penalizzazioni finanziarie davvero importanti).
L’Ufficio frontalieri del sindacato OCST ha subito preso contatto con il Governo italiano affinché si negozi al più presto un nuovo Accordo amichevole con la Svizzera che permetta ai frontalieri di effettuare una parte del proprio lavoro da casa senza avere implicazioni fiscali. Lo stesso messaggio urgente è stato recapitato dalle parti sociali svizzere ai Dipartimenti federali competenti.
Alla luce di questi fatti, fino a quando non si arriverà ad un nuovo Accordo amichevole, il telelavoro resterà dunque una scelta sconsigliata per i frontalieri dei Comuni di confine.
Il sindacato è cosciente che si tratta di un tema prioritario per le aziende e i lavoratori. Per questa ragione impiegherà tutte le proprie forze per farsi da facilitatore tra gli Stati nell’ottica di ottenere un nuovo Accordo amichevole.

Martedì 7 febbraio si terrà una diretta online a proposito di questo importante tema. Vi invitiamo a partecipare numerosi!

Tassazione delle pensioni svizzere al 5%: una grande vittoria
In base alla Convenzione tra Italia e Svizzera contro le doppie imposizioni, le pensioni erogate dalla Svizzera a soggetti residenti in Italia vengono tassate esclusivamente in quest’ultimo Stato.
Grazie ad un’apposita legge del 1991, fu stabilito che le rendite AVS venissero tassate con l’aliquota fissa del 5%. Nel 2017, all’interno della cosiddetta «manovrina finanziaria», le parti sociali riuscirono poi a far integrare il testo di legge estendendo questo sistema di tassazione anche alle prestazioni di secondo pilastro e ai prepensionamenti di categoria.
Tuttavia nel 2020 l’Agenzia delle Entrate, tramite un’apposita Risoluzione, aveva complicato lo scenario imponendo come condizione necessaria per il beneficio del diritto l’accredito della prestazione pensionistica su un conto corrente italiano. Per questa stessa ragione l’Agenzia delle Entrate aveva poi aperto diversi contenziosi con altrettanti contribuenti, «rei» di aver ricevuto l’accredito della pensione su un conto corrente svizzero.
Questa interpretazione e questo modo di agire furono ritenuti fin da subito discriminatori da parte del sindacato, in quanto il livello di tassazione di una pensione si deve basare sulla qualità del bene e non certo sul luogo di accredito.
Dopo due anni di interlocuzioni a livello parlamentare, ora è finalmente arrivata la soluzione tanto attesa. La legge di bilancio approvata in dicembre va infatti ad integrare ulteriormente il quadro legale specificando a chiare lettere che la tassazione delle pensioni svizzere dovrà sempre essere al 5% anche in caso di accredito della pensione stessa su un conto corrente estero.
Tale misura si applica a tutte le prestazioni pensionistiche «obbligatorie», ovvero legate ai contributi pagati negli anni in virtù del lavoro svolto in Svizzera (rendite AVS/AI, rendite e capitali di secondo pilastro, rendite di prepensionamento).
Inoltre tutti i contenziosi aperti su questo tema tra il 2015 ed oggi verranno chiusi, senza tuttavia il riconoscimento di rimborsi per eventuali imposte maggiorate già versate in passato.


Assegni familiari: la situazione non migliora
Da quando in Italia è entrato in vigore il nuovo «assegno unico e universale», molti frontalieri hanno subito un gravoso blocco degli assegni familiari svizzeri.
Il problema come noto è dovuto al fatto che l’INPS non trasmette alle Casse di compensazione svizzere i dati degli importi dell’assegno unico già pagato in Italia all’altro genitore (la Svizzera infatti ha la facoltà di scalare questi importi dagli assegni familiari dei frontalieri, pagando di fatto una quota integrativa).
In assenza di queste comunicazioni da parte dell’INPS, molte Casse di compensazione (tra cui lo IAS) hanno deciso di adottare sistemi alternativi per certificare questi importi, ad esempio richiedendo prova dei pagamenti ricevuti dall’INPS in Italia.
Quali sono queste «prove di pagamento»? Tramite lo SPID è possibile accedere alla pagina personale dell’INPS di colui che ha richiesto l’assegno unico (normalmente l’altro genitore); una volta entrati nella pagina, basterà riaprire la pratica di assegno unico e andare nella sezione «pagamenti». Saranno così visualizzabili e scaricabili tutti gli importi ricevuti mese per mese. In alternativa è possibile inviare la copia dei bonifici ricevuti dall’INPS sul proprio conto corrente italiano.
Prima di procedere è comunque sempre necessario attendere una comunicazione formale dalla propria Cassa di compensazione.
Questo sistema perdurerà anche nel 2023, in quanto la misura dell’assegno unico e universale è stata confermata da parte dell’Italia.

Andrea Puglia