Il 23 luglio del 2024, i sindacati di CGIL, CISL e UIL, supportati anche dai dossier di OCST e UNIA, avevano raggiunto un’intesa con il Ministero italiano dell’economia e delle finanze che risolveva il problema della tassazione dei «vecchi frontalieri» residenti nei nuovi Comuni di confine.

A gennaio del 2024, infatti, il Canton Ticino aveva aggiornato le proprie direttive, specificando che sarebbero stati considerati come «vecchi frontalieri» (cioè soggetti tassabili unicamente in Svizzera) soltanto coloro che avevano già fatto i frontalieri con rientro giornaliero, tra il 31 dicembre 2018 e il 17 luglio 2023, con residenza fiscale in un Comune di confine presente nel vecchio elenco cantonale del 1974. In questa lista risultavano però esclusi molti Comuni che sono ubicati entro i venti chilometri dal confine tra Italia e Svizzera (come, ad esempio, tutta la provincia di Sondrio ed altre località come Saronno, Lentate sul Seveso, Misinto, ecc.).
Secondo l’intesa raggiunta tra sindacati e MEF, questi frontalieri avranno la possibilità di essere tassati in Italia pagando il 25% dell’imposta alla fonte già versata in Svizzera. Di fatto in questo modo essi pagherebbero le tasse allo stesso identico livello di tutti gli altri vecchi frontalieri (infatti, lo ricordiamo, i frontalieri dei nuovi Comuni versano in Svizzera un’imposta alla fonte più bassa dei canonici «vecchi frontalieri»; in particolare, essi pagano le imposte con aliquote pari all’80% di quelle ordinarie).
Il Governo ha poi dato seguito al patto sindacale e ha inserito questa disposizione nel decreto-legge n. 113, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 agosto 2024. Fino a qui tutto bene. 
Il decreto, tuttavia, andrà convertito in legge dalle Camere entro i canonici sessanta giorni e qui nascono i timori dei frontalieri. I lavori alle Camere, infatti, procedono un po’ a rilento, in quanto sono stati presentati numerosi emendamenti al decreto stesso. Chiariamo fin da subito che le proposte di modifica non riguardano in alcun modo le nuove disposizioni sui frontalieri, bensì molti altri temi che sono comunque oggetto di questo stesso decreto.
Non è quindi in discussione il contenuto del patto sindacale, quanto piuttosto si teme che il Parlamento possa non fare in tempo a concludere i lavori entro il termine stabilito, di fatto rischiando di far saltare il banco.
Interpellato dal sindacato, il Governo ha fatto sapere che questo rischio non è in realtà presente e che tutto verrà concluso entro i termini.
Nonostante queste rassicurazioni, il sindacato resta vigile sul tema, ponendo su di esso la massima attenzione.

Andrea Puglia