In vista della fine del 2018 abbiamo deciso di fare il punto della situazione con il Segretario cantonale Renato Ricciardi che ha gentilmente risposto alle nostre domande.
 
Un altro anno sta per volgere al termine.  Il suo mandato in qualità di Segretario cantonale ha raggiunto il giro di boa. Si ritiene soddisfatto del lavoro svolto da parte dell’Organizzazione?
Sono stati due anni appassionanti, nei quali sono successe molte cose sia fuori che dentro all’Organizzazione. Nell’ambito della nostra attività sindacale abbiamo lavorato intensamente sulla contrattazione sia a livello cantonale che nazionale. Il 2018 è stato ancora di più un anno intenso per l’enorme mole di lavoro richiesta a tutti i collaboratori per rispondere alle istanze individuali dei singoli associati. Questo tipo di attività è purtroppo sempre più impegnativa. Dico purtroppo perché il tutto è sintomo di una certa incapacità di una parte dei datori di lavoro di gestire il rapporto di lavoro con un minimo di serenità e senso di giustizia. Sul fronte interno abbiamo lavorato intensamente sulla formazione, per essere sempre pronti a rispondere alle esigenze dei nostri associati e del mondo del lavoro. Tre i temi sui quali l’impegno deve continuare in modo deciso: nel mantenere vivo e fruttuoso il contatto con gli associati, perché lavoriamo per loro; nell’attenzione ai dettagli, cioè alla qualità del nostro lavoro, perché i dettagli fanno la differenza; nel lavorare insieme, perché le competenze di ciascuno siano al servizio di tutto il sindacato e quindi dei lavoratori.   
 
Il 2018 ha registrato come sempre alcuni temi sindacalmente importanti. Potremmo citarne alcuni come il rinnovo del CNM edilizia, forse uno dei contratti più importanti a livello nazionale, il CCL Industria metalmeccanica e numerosi contratti cantonali e aziendali, senza per questo dimenticare altri importanti fronti su cui il sindacato si muove da ormai parecchi anni. Proprio parlando del rinnovo del CNM edilizia ha dichiarato che è l’ennesima dimostrazione di come la contrattazione collettiva sia la soluzione. Si spieghi meglio.
La contrattazione è importante perché richiama la responsabilità di datori di lavoro e sindacati rispetto ad un interesse, ad un vantaggio comune. Per questo il contratto collettivo di lavoro è lo strumento più adeguato per dare concretezza al confronto sociale e sancire impegni vincolanti. Quando questo confronto rimane infruttuoso per ristabilire un equilibrio e per fare in modo che la parte dei lavoratori possa farsi valere, è necessario porsi in modo forte anche con reazioni di mobilitazione e azioni di lotta.
 
Nel 2019 quali saranno secondo lei i temi più importanti a livello sindacale?
Alcuni temi che verranno discussi in Gran Consiglio come il salario minimo e il futuro delle Officine FFS di Bellinzona. Saremo poi impegnati in modo particolare nel settore terziario. Terremo sotto osservazione le aziende di TicinoModa, in seguito alle ristrutturazioni e ai trasferimenti di questi anni, e per l’incomprensibile rigidità sulla concessione del caro vita per il 2019. Inoltre stiamo avviando una riflessione che porterà a rivendicazioni concrete nell’ambito del lavoro interinale che porta con sé il grande tema della flessibiltà che genera spesso precarietà.
 
Nelle scorse settimane si è tornati a parlare di accordo fiscale dei frontalieri. Pensa che si arriverà mai a una conclusione?
Ad oggi il Governo italiano non ha intenzione di firmare il nuovo Accordo fiscale, è infatti alle prese con temi di portata molto più ampia. Se per la Svizzera, e il Canton Ticino in particolare, il peso dei frontalieri è importante, non si può dire lo stesso per l’Italia. Credo però che in futuro il tema sarà ripreso in quanto la parafatura dell’Accordo avvenuta anni fa resta valida.
 
Nella conferenza stampa di inizio anno tra gli impegni per il 2018 aveva citato il problema dei premi assicurazione malattia. La popolazione sembra ormai arrivata al limite. Vede una soluzione a corto termine?
Il problema è concreto e reale: c’è un divario che non accenna a diminuire tra i salari ticinesi e il salario medio in Svizzera, tanto che a Berna sembra si siano rassegnati a questa evidenza. C’è sempre l’idea di fondo che in Ticino la vita costi meno, ma questo è per molti versi falso. Un esempio di questo è l’evidente squilibrio nel livello dei premi di cassa malati nel nostro Cantone. Purtroppo è difficile promettere soluzioni a corto termine. Sulla questione «divario salariale», che pur in parte dipende dalla struttura economica del nostro Cantone, lavoriamo concretamente, specialmente tramite la contrattazione collettiva. Sulla questione delle casse malati il problema è anche complesso perché dipende dal livello di salute, dal ricorso che ciascuno fa alle prestazioni sanitarie, dalle prescrizioni dei medici, dal costo dei medicinali, dall’età della popolazione, tutti temi sui quali abbiamo poca possibilità di agire concretamente, se non quella di cui dispongono tutti i liberi cittadini. Dopo molti anni nei quali si lavora, con efficacia limitata, solo sul cercare di ridurre i costi della salute, è arrivato il momento di porsi anche nuove domande: è davvero giusto imporre alle famiglie, specialmente del ceto medio, un costo così ingente ogni mese e indipendente dal reddito? Ci muoveremo quindi su altri fronti, per esempio sostenendo tra le iniziative in atto, quelle che riterremo più efficaci. 
 
La parità rientrava anch’essa negli impegni del 2018 e già nel suo discorso prima di essere eletto Segretario cantonale ne aveva parlato come di un punto cardine. Ci sono stati passi in avanti sotto questo aspetto?
Non particolarmente esaltanti. La consapevolezza verso l’importanza di questo tema è per fortuna sempre più diffusa specialmente tra i giovani. Ne è stato un esempio la partecipazione di 20’000 persone alla manifestazione per la parità di Berna il 22 settembre scorso. Al contrario il livello di consapevolezza del Parlamento federale è piuttosto deludente. La debolezza di contenuti della modifica della Legge sulla parità è la concretizzazione di come la politica sottovaluti la rilevanza di questo tema.
Da parte nostra, il gruppo OCST donna-lavoro è particolarmente agguerrito e sta lavorando intensamente per portare avanti proposte concrete, che incidano anche sull’organizzazione interna dell’OCST. 
 
Nella votazione sulla riforma fiscale e sociale l’OCST si era smarcato dagli altri sindacati sostenendola. Dopo aver scoperto le misure sociali, ritiene che sia stata la scelta migliore?
Penso di sì. Il dibattito interno comunque continua su questi temi. In particolare riteniamo che la leva fiscale debba essere usata anche per alleggerire la pressione fiscale sui redditi delle famiglie e che si debbano preservare le risorse necessarie per garantire le prestazioni sociali a chi ha bisogno.
 
Nel 2019 ci saranno le elezioni cantonali. Quattro membri del sindacato OCST tenteranno di entrare o restare in Gran Consiglio. Per quale motivo ritiene che l’OCST debba essere rappresentato in Parlamento?
In generale l’OCST intende il suo impegno politico come uno strumento per la difesa dei diritti dei lavoratori e per il miglioramento dei diritti sociali. Per questo la politica e la presenza nei legislativi, che pur non sono il perno della nostra attività, sono un ambito di impegno irrinunciabile.
 
Un augurio agli associati?
Che il prossimo anno, nel quale insieme ai nostri associati festeggeremo il Centenario della nostra Organizzazione, sia l’occasione per avvicinarsi ancora di più e continuare un lavoro culturale e concreto che ci consenta di rilanciare la nostra attività rinsaldando i valori che guidano il nostro lavoro e verificando gli strumenti che abbiamo a disposizione. Perché contro l’indifferenza si affermi la solidarietà.
 
Intervista a cura di Giorgio Donini