La tutela delle lavoratrici è sempre stata un elemento importante per il nostro sindacato tanto che le prime sezioni furono composte già nel 1919 da sigaraie, sarte, cioccolataie e commesse.

A pochi giorni dalla Giornata internazionale della donna, in questo numero facciamo un notevole salto storico per raccontare in modo più approfondito quanto accadde alla fine degli anni Novanta. L’approvazione della Legge sulla parità, ormai trent’anni fa, è stata certamente una vittoria, sudata e ostacolata in molti modi, che ha seguito di ben quattoridici anni l’introduzione dell’articolo della Costituzione federale sulla parità. Il nostro giornale «il Lavoro» in quegli anni riporta cronache dettagliate sull’andamento della discussione, segnalando il rischio concreto che le camere federali, in particolare il Consiglio nazionale, affossassero il progetto di legge e lo privassero di alcuni elementi fondamentali.
Durante la discussione, il 17 febbraio 1995 si legge su «il Lavoro»: «Abbiamo voluto citare letteralmente la disposizione costituzionale sulla parità giuridica fra uomo e donna per lasciare a voi stessi di constatare direttamente come si tratti di una norma molto chiara, lapalissiana, vorremmo dire: una fra le più precise della Costituzione federale. Eppure quattordici anni dopo la sua assunzione per volontà popolare nella Costituzione federale, si lotta ancora caparbiamente per la sua esecuzione. E questo in un paese civile e d’esempio di democrazia come la Svizzera. [...] Si direbbe che le camere federali si divertano a tirarla per le lunghe».

Il capovolgimento dell’onere della prova
Ciò che soprattutto aveva allungato la discussione era il capovolgimento dell’onere della prova. In sostanza era importante che si introducesse questo aspetto non solo per giudicare la disparità salariale, come sosteneva il Consiglio nazionale, ma anche per le questioni che riguardano l’assunzione e il rapporto di lavoro.
Che cos’è il capovolgimento dell’onere della prova? In genere quando si accusa qualcuno di averci cagionato un torto, bisogna fornire le prove. Capovolgendo l’onere della prova invece si impone a chi è accusato di dimostrare di non aver fatto il torto. Nella pratica, spetta a un datore di lavoro accusato di praticare la disparità salariale di dimostrare che in realtà offre condizioni eque.
La questione era parecchio importante e come si auspicava sul giornale «il Lavoro»: «Speriamo sempre che non si verifichi il pericolo, da noi espresso due settimane fa, che il sì dell’intesa democratica possa avere come oggetto di scambio le applicazioni di un chiaro principio fondamentale, recepito nella Costituzione federale e precetto dell’umanità, ossia l’uguaglianza di trattamento tra l’uomo e la donna».
Per fortuna, un po’ a sorpresa, la legge viene approvata nel corso della sessione primaverile secondo la forma più garantista da entrambe le camere.

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