Valutare e quantificare il tempo è una cosa difficile per le persone e 100 anni è un periodo di tempo particolarmente scomodo. Più di una vita umana media, ma meno di un lontano periodo di cui si perdono le tracce. Approfittando dunque del centenario del giornale apriamo uno squarcio nel tempo e vediamo cosa si raccontava 100 anni fa nel primo anno di serializzazione de «il Lavoro» tra grandi eventi internazionali e piccoli aneddoti di cronaca.

Per entrare nella mentalità del 1920 bisogna immaginare un mondo appena uscito dalla guerra. La prima guerra mondiale è finita e la Svizzera ha superato la catastrofe quasi indenne e finalmente si respira un’aria di sollievo. Niente più guerra oltre i confini e, di numero in numero, leggiamo articoli sulla fine dei razionamenti. Nonostante ciò, si continua a essere dipendenti dall’Italia per molte derrate alimentari e questo crea non pochi disagi. 
Il mondo è cambiato negli ultimi anni e nuove nazioni sono sorte dalle ceneri dei vecchi imperi. Nei primi numeri qualche parola viene spesa a favore degli irlandesi che stanno cercando l’indipendenza proprio in quegli anni e della Turchia che non ha ancora ricevuto un assetto post-bellico e si ritrova la capitale occupata da ormai 3 anni. I grandi capi di stato si incontrano a Sanremo, non per ascoltare musica ma per decidere il futuro della Turchia e del Medio Oriente. In Guatemala il presidente Cabrera impazzisce e bombarda il parlamento e si avvicina la rivoluzione che lo deporrà, mentre in Russia il Giappone invade le lande ghiacciate della Siberia. 
Il tema cardine di quell’anno però è la fondazione della «Società delle Nazioni», fondamentalmente il predecessore delle attuali Nazioni Unite. Per quanto l’idea di una casa della pace mondiale sia affascinante per persone che hanno visto l’ecatombe della guerra, il dibattito in merito a un’adesione della Svizzera è molto combattuto. «il Lavoro» decide di non prendere subito posizione ma col tempo sembra spostarsi sempre più verso il campo del sì.
La discussione in merito al tema viene presentata sotto forma di diverse lettere anonime dei lettori, sia favorevoli che contrarie. Ad esempio un lettore del Malcantone scrive e critica l’assenza del Papa dalla Società delle Nazioni e invita i concittadini a rimanere fedeli agli ideali di isolamento e neutralità della Confederazione. Un altro si lamenta del fatto che, entrando nella Società, la Svizzera dovrà pagare parte del debito di guerra degli sconfitti. Al contrario, altre lettere entusiaste vedono nella Società il manifestarsi di ideali cristiani: pace, fratellanza e protezione dei più deboli come mai prima d’ora. Il tema dunque coinvolge non solo ideali economici e politici ma anche sociali e morali.
Finalmente, in un caldo maggio, abbiamo la votazione federale. 410’000 voti contro 315’000 (11,5 contro 10,5 Cantoni, un numero strano oggi, ma bisogna ricordare che all’epoca c’erano ancora i semicantoni e il Canton Giura non esisteva ancora). La vittoria per la Lega delle Nazioni è strettissima. Il nostro giornale mantiene una posizione super partes sui risultati e si limita a commentare quella che oggi definiremmo la «Röstigraben». In Ticino e in Svizzera francese il «sì» è quasi un plebiscito mentre nella Svizzera tedesca vince il «no». Nonostante il risultato risicato, ci sono ampi festeggiamenti nella Confederazione tanto che «il Lavoro» riporta la triste storia di un povero vodese che tornando a casa dai festeggiamenti è caduto in un fiume. La redazione sottolinea la posizione oggettiva che ha avuto sul tema accusando gli altri giornali di non aver permesso di esprimere sia opinioni per il «si» che per il «no».
In conclusione «il Lavoro» ci offre una citazione che rappresenta bene non solo la votazione ma tutto questo anno di trasformazioni: «Il passato ormai è sepolto e le nuove generazioni devono sapere meglio intendersi». Questo 1920 e questa votazione assumono dunque un carattere simbolico: è l’alba di un nuovo giornale che nasce insieme a un nuovo mondo.

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