Negli scorsi mesi Gian-Luca Lardi ha espresso mezzo stampa la sua opinione, in cui sostanzialmente individua sindacati e CCL troppo rigidi e privilegiati come concause della situazione difficile del nostro mercato del lavoro. A questo proposito colgo l’occasione per intervenire nella discussione con la speranza di avviare un dibattito costruttivo sui tre elementi citati da Lardi: libera circolazione, CCL e protezione dei salari.
È innanzitutto doveroso sottolineare come l’atteggiamento dell’UDC, che ha recentemente rilanciato questa tesi, sia in realtà perlomeno ambiguo. Battersi con forza solo contro la libera circolazione delle persone, rifiutandosi però di sostenere l’applicazione di misure d’accompagnamento necessarie ad affievolire gli effetti negativi sul mercato del lavoro, nell’immediato potrà rivelarsi una strategia efficace dal punto di vista elettorale, ma è poco rispettosa dei cittadini che si trovano in difficoltà attualmente.
L’obiettivo ultimo delle misure fiancheggiatrici e dei CCL in particolare è di garantire la protezione dei lavoratori dal fenomeno del dumping salariale, incompatibile con le condizioni salariali e lavorative svizzere. Insinuare che rivendicazioni eccessive da parte dei sindacati nell’ambito del partenariato sociale e della negoziazione di contratti collettivi causino un aumento del costo del lavoro mettendo i lavoratori stessi sotto pressione è eccessivo. Senza questa protezione il ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici in Ticino sarebbe ulteriormente indebolito.
L’obiettivo comune dichiarato da Lardi che il CCL debba favorire l’occupazione dei lavoratori residenti è assolutamente condivisibile. È però necessario che un valore importante come quello del partenariato sociale non solo non venga messo in discussione, ma piuttosto rinforzato, nelle parole e nei fatti. In questo senso sarà fondamentale mettere al centro del dibattito anche la responsabilità sociale delle imprese che non va a beneficio solo dei lavoratori, ma anche delle aziende stesse. 
Infatti è provato che le azioni delle imprese socialmente responsabili hanno reso ai propri azionisti tra il 25 % e il 30 % in più rispetto a quelle che non mettono al centro della azienda la responsabilità sociale. Il nostro paese è in ritardo su questo tema, basti pensare che il primo rapporto del Consiglio Federale sulla responsabilità sociale è stato elaborato solo nel 2015. 
Persone attente a questi aspetti sociali, come Gian-Luca Lardi, hanno un ruolo determinante nell’evitare che il peggioramento delle condizioni sociali porti ad un’esasperazione del dibattito politico. È per questo che mi appello a lui affinché i problemi del mercato del lavoro non vengano identificati nei sindacati e nei CCL, bensì in quegli speculatori che hanno ottimizzato a proprio interesse i benefici della libera circolazione speculando sulla pelle dei lavoratori e mettendo in difficoltà le numerose aziende sane, serie e socialmente responsabili che operano sul nostro territorio.
 
Giorgio Fonio