Favorevoli o contrari all’accordo quadro istituzionale con l’Unione europea? Questo sembra essere il problema. C’è tuttavia chi, come Moreno Bernasconi e Michele Rossi, durante le festività del Natale ha riportato la discussione su una questione cruciale.
 L’unico modo per esprimere un giudizio su questo accordo è stilare un elenco delle conseguenze che una firma o una rinuncia avrebbero per il nostro Paese, e soppesarle. 
Elenco che non deve essere stilato sulla base di principi astratti, quanto piuttosto, in modo molto concreto, valutando l’impatto dell’accordo sulla nostra vita. Uno dei principi astratti con il quale ci scontriamo quotidianamente nella nostra esperienza a stretto contatto con il mondo del lavoro è quello che considera ogni regolamentazione, anche quelle concordate tra le parti, una violazione della libertà economica. Questo principio porta i rappresentanti di Avenir Suisse a definire come illiberali i contratti collettivi di obbligatorietà generale, che non sono altro che un’estensione a tutti gli operatori di un certo settore di un contratto stabilito tra la maggior parte dei lavoratori e la maggior parte dei datori di lavoro.
Mi sono divertito a giocare con l’Indice delle libertà, pubblicato da questa associazione, ed ho scoperto che tra gli indicatori di una minore libertà economica ci sarebbe il numero di radar fissi installati sulle strade. Insomma i controlli in generale, quelli sul mercato del lavoro come quelli sulla strada, violerebbero la libertà dell’individuo. In realtà secondo l’OCST, i controlli servono per accertare una violazione dello stato di diritto, perché nel processo democratico si è stabilito che certe regole valgono per tutelare la libertà di ciascuno. Degli altri utenti della strada nel caso dei radar, dei lavoratori nel caso del mercato del lavoro.  
Ecco perché l’OCST, rappresentata in quel consesso da Travail.Suisse, ha approvato la decisione dei sindacati di abbandonare un tavolo di discussione nel quale si mettessero in dubbio le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone. Perché quelle regole sono state concepite per proteggere il nostro mercato del lavoro, che è il motore dell’economia, nell’ambito degli accordi sulla libera circolazione delle persone.
Per regolare qualsiasi mercato occorrono regole e contratti perché, lo sappiamo, non si autodisciplina. Nell’ambito di cui trattiamo si parla di confronto tra le parti e di contrattazione collettiva. L’OCST considera necessario continuare a presidiare l’occupazione nel nostro Cantone. Il controllo e la sanzione degli abusi non può infatti diminuire, occorre semmai ancora aumentarne l’efficacia.
Recentemente è venuta meno la posizione, salda nel recente passato, di sostegno alle misure di accompagnamento. Ho l’impressione che questo dipenda da una posizione politica rinunciataria.
Secondo l’OCST una via per ridare senso, slancio ed efficacia al confronto sociale è quella di ripartire dalle proposte del Rapporto del 2014 del gruppo di lavoro sotto la direzione della Segretaria di Stato Ineichen-Fleisch sui provvedimenti inerenti al mercato del lavoro, sostenendo in particolare la diffusione di contratti collettivi di lavoro con salari e condizioni di lavoro vincolanti.
Occorre migliorare non smantellare e deregolamentare quelle che l’economia definisce le condizioni-quadro favorevoli al mantenimento e allo sviluppo del benessere in un contesto che si fa sempre più concorrenziale e sempre meno solidale. Occorre proteggere i lavoratori dalla pressione sui salari e sulle condizioni di lavoro, perché imporre una totale liquidità tra diversi Stati nei quali i livelli salariali medi e le protezioni sociali sono molto diversi, non può che creare importanti squilibri.
 
Renato Ricciardi