Recentemente la stampa ha riportato alcuni dati di un sondaggio sullo stato di salute mentale degli studenti in Ticino condotto dal SISA (Sindacato indipendente studenti e apprendisti).
Il tema del disagio psichico dei giovani è da tempo indagato anche dall’associazione ZETA Movement, che il 6 ottobre scorso ha organizzato una serata di approfondimento online con interventi dello psichiatra Rafael Traber (direttore di settore dell’OSC), dello psichiatra e psicoterapeuta Tazio Carlevaro (già direttore dell’OSC Sopraceneri) e dello psichiatra e psicoterapeuta Michele Mattia. Se il dottor Tauber ricordava che il suicidio (non assistito) in Svizzera si aggira sui 1’000 casi all’anno ed è, con gli incidenti, la causa più importante di morte per chi ha tra i 19 e i 34 anni, il dottor Mattia segnalava per il 2021 un aumento del 40% del ricorso di giovani al Sostegno psicologico da porre in relazione ai disagi generati o acuiti dal Covid e dalle misure per contrastarlo.
Inoltre in aprile l’Osservatorio svizzero della salute (Obsan) ha pubblicato un rapporto dedicato per la prima volta a livello nazionale alla salute dei bambini, degli adolescenti e dei giovani dalla fase prenatale fino ai 25 anni. I tre enti sottolineano la necessità di guardare con maggiore attenzione ad un ambito troppo spesso sottovalutato e trattato in modo inadeguato. L’Obsan in particolare rileva sia un aumento dei giovani tra i 16 e i 25 anni che soffrono di sintomi depressivi da medi a gravi (dal 10,4% del 2012 al 13,5% del 2017), presenti specialmente tra i ragazzi da 16 a 20 anni (dal 10,4% al 14,7%), sia una crescita dei ragazzi tra 11 e 15 anni che soffrono di disturbi psicoaffettivi multipli (tristezza, cattivo umore, nervosismo, stanchezza, ansia, comportamento oppositivo, disturbi del sonno). La quota di adolescenti colpiti da tali sintomi psicoaffettivi è passata dal 27,4% nel 2002 al 34,3% del 2018, mentre la stanchezza è cresciuta del 13% dal 2002 al 2018 e i disturbi del sonno del 5,5% nello stesso periodo. Le ragazze manifestano più sintomi dei ragazzi in ogni campo, specialmente nella tristezza (23,8% vs 8,8%), ma sono più vicine ai ragazzi nella collera e nel comportamento oppositivo (18,7% vs 14,3%). Gli studenti con passato migratorio di almeno un genitore ne vengono toccati nel 38,3% dei casi rispetto al 30% degli scolari senza genitori con passato migratorio. La maggior parte dei bambini residenti in Svizzera di età inferiore ai 6 anni vive presso una famiglia con passato migratorio (54,4%), di cui nel 20,9% dei casi per un genitore, nel 33,5% per entrambi i genitori.
Per affrontare il problema della salute giovanile occorre dotarsi di dati certi. Tuttavia, sempre l’Obsan, denuncia molto duramente sia l’assenza in Svizzera di una strategia in materia di salute mirata ai giovani, sia la carenza di informazioni sul loro stato di salute. Mancano dati sull’incidenza dei fattori strutturali e comportamentali, sugli stadi di sviluppo durante la crescita (capacità motorie, cognitive, …), sulle cure fornite, sulle capacità di trattamento degli ospedali, sull’offerta delle cure di psicoterapia come sull’effettivo grado di ricorso alle stesse, sul consumo di medicamenti, sui mezzi di prevenzione, sui controlli durante la gravidanza, sulle prestazioni gestite dai Cantoni e dai Comuni (consultori genitori-figli, servizio di salute scolastica, pedagogia speciale,...).
I dati rilevati dal sondaggio del SISA (a cui hanno risposto in misura rappresentativa solo studenti delle scuole medie superiori, per il 71% ragazze), in buona parte in sintonia con gli elementi dello studio di Obsan, giustificano, secondo il sindacato, varie richieste per ridurre la pressione esercitata dalla scuola (giudicata «classista») sugli studenti, tra cui: abolire il voto numerico da sostituire con colloqui valutativi collettivi o individuali, introdurre una pausa di almeno 60 minuti ogni tre ore lezione (di 45 minuti l’una, a loro volta intervallate da pause di 5 minuti), ridurre la verifiche ad un massimo di due alla settimana, abolire le valutazioni a sorpresa e i compiti.
La letteratura scientifica dimostra che la salute psichica dipende da numerosi fattori, comprendenti la situazione familiare, i rapporti sociali, le attività svolte nel tempo libero, il tipo di uso degli strumenti digitali, la qualità degli alloggi, del territorio e della salute fisica,… Gli eventuali problemi vanno affrontati in sinergia dagli organi competenti laddove si manifestano, evitando di attribuire alla scuola compiti terapeutici che non le appartengono.
Certamente essa, dove lavorano docenti a loro volta alle prese con problemi di salute e di organizzazione del lavoro (specie passando dall’emergenza Covid all’accoglienza e integrazione degli allievi ucraini), deve fare la sua parte e interrogarsi su come rispondere alla situazione, ma il focus deve restare sostenere gli allievi nello studio, anche potenziando corsi di recupero (come pure il SISA richiede). A maggior ragione davanti alla fragilità dei nostri giovani occorre mantenere la meta di una formazione di qualità, che consenta una conoscenza della realtà sufficientemente solida per originare nuove idee e per assumere decisioni il più liberamente, consapevolmente e responsabilmente possibile, che accresca la stima di sé e la fiducia nella possibilità di emanciparsi e di definirsi attraverso concrete esperienze di impegno e di sviluppo delle capacità individuali: questo è il tipo di terapia e di prevenzione che la scuola può offrire e non mi pare poco!
Gianluca D’Ettorre, Presidente OCST-Docenti