I lavoratori edili riceveranno a partire dal 1. gennaio 2025 un aumento salariale complessivo dell’1.9%. Non male si dirà, ma non è tutto oro quello che luccica. L’accordo negoziato per il prossimo anno si è sviluppato in due direzioni: da una parte, un aumento dell’1.4% che compensa solo parzialmente il carovita e, dall’altra, un’operazione di risanamento del fondo di pensionamento anticipato (PEAN) finanziata da un maggior contributo a carico dei lavoratori (0.5%) prelevato con il corrispondente aumento dei salari.

In parole povere, i lavoratori vedranno i propri salari lordi aumentare dell’1.9% ma di fatto nel salario netto vedranno solamente un +1.4%.
Sull’aumento dei salari generalizzato non c’è molto da commentare: un +1.4% sui salari lordi effettivi che non garantisce il mantenimento del potere d’acquisto se si considera in particolare che i salari del 2024 sono rimasti fermi al palo mentre i premi della cassa malati continuano in Ticino ad aumentare a colpi del 10% l’anno.
Sul risanamento del PEAN il discorso diventa più ampio. Il pensionamento settoriale dell’edilizia è certamente stata la conquista sindacale più importante dell’ultimo ventennio. Ai lavoratori edili, dopo una vita di fatiche sui cantieri, è garantita dal 1. luglio 2003, una rendita transitoria di tutto riguardo dal 60esimo anno d’età fino al pensionamento ordinario dell’AVS: si pensi solamente che ogni lavoratore al beneficio del PEAN percepisce una rendita media di 4’500 franchi al mese per 5 anni e che nel 2023 le rendite transitorie versate sono state più di 8’400. Proprio per l’attrattività di questa prestazione, sono pressoché la totalità degli edili 60enni che ne beneficiano, mentre sono in pochissimi a differire questo diritto a 61 o 62 anni d’età.
Un modello di prepensionamento che genera costi elevati e che, negli anni, è stato oggetto di diversi adattamenti per garantirne la sua sostenibilità. Nel 2003 si era partiti con un contributo a carico dei lavoratori dell’1% e del 4% a carico delle imprese. Sono passati vent’anni e il contributo dei lavoratori è salito al 2.25% mentre quello delle imprese al 5.5%. Nel 2023 il grado di copertura (ovvero il rapporto tra i premi incassati e le rendite versate) si assestava al 70%. Una situazione che doveva essere responsabilmente corretta per mettere in sicurezza il fondo.
Ed ecco quindi che il CCL PEAN subirà delle modifiche a partire dal mese di aprile 2025 (data presumibile dell’entrata in vigore del relativo decreto di obbligatorietà generale). Di seguito le principali che si aggiungono al maggior prelievo di contributi a carico dei lavoratori (da 2.25% a 2.75%):
• Il CCL PEAN avrà una durata di 10 anni e non più 5 anni.
• Il fondo PEAN erogherà rendite transitorie per 5 anni senza più versare, a favore dei prepensionati, gli averi di vecchiaia LPP dai 60 ai 65 anni di età. Un minor costo del fondo PEAN stimato in 17 milioni nei prossimi 5 anni.
• Per aver diritto a una rendita intera PEAN si dovrà comprovare di aver lavorato negli ultimi 25 anni almeno 20 anni in un’impresa di costruzione assoggettata al CNM edilizia principale di cui gli ultimi 7 senza interruzione. Attualmente, il diritto è garantito con 15 anni di lavoro in impresa di costruzioni negli ultimi 20 anni di cui gli ultimi 7 senza interruzioni.
• Aumento dei bonus per andare in prepensionamento dopo i 60 anni di età, una sorta di incentivo con rendita intera percentualmente maggiorata.
Una trattativa, nel suo complesso, che lascia l’amaro in bocca ai lavoratori edili anche se, a larga maggioranza, le conferenze professionali di SYNA-OCST-SCIV e UNIA ne hanno approvato il risultato. Un voto favorevole delle basi sindacali che, badando al sodo, hanno voluto principalmente mettere in sicurezza il pensionamento anticipato. E il prossimo anno, se non bastasse, subito al lavoro con la SSIC-CH (Società Svizzera Impresari Costruttori) per rinnovare il CNM in scadenza il 31 dicembre 2025.

Paolo Locatelli