Durante quest’anno sono emersi molti temi importanti nelle nostre riunioni di comitato, negli incontri con la Direzione di Polizia e con il Consiglio di Stato e negli incontri con i rappresentanti della cassa pensione.
Inizierei dal primo argomento, quello più recente ma che in un certo senso mi ha fatto più male. È la riconoscenza per il lavoro che abbiamo svolto negli ultimi anni, con una crescente mole di compiti, sempre professionalmente attivi ed in ogni momento a disposizione della collettività.
Il taglio delle spese
Il 17 ottobre, come prevede la legge, le associazioni del personale sono state convocate dal Consiglio di Stato per una consultazione. Ma se la radice di questo termine è di «chiedere consiglio», l’incontro non ha avuto la forma di una discussione. Si è unicamente trattato di farci prendere atto delle misure di risparmio.
La politica ha chiesto al Consiglio di Stato di pareggiare il conto economico intervenendo sulla spesa e il popolo, con la votazione, ha ratificato questa richiesta. Il nostro datore di lavoro è stato chiamato a elaborare delle misure strutturali e congiunturali lungimiranti per risparmiare. Già, misure strutturali, e quale modo più facile se non tagliare sul costo del personale? Per una buona fetta della politica cantonale, il personale statale non è una risorsa su cui investire ma unicamente una spesa.
Nel 2018 è stata introdotta la nuova scala degli stipendi che, diciamocelo, è stata una chiara misura di risparmio. Ora, nel 2023, hanno deciso di mettere in atto una misura di risparmio della misura di risparmio.
È vero, il contributo del 2% sopra una franchigia di 60mila franchi è molto, e dico molto meno dannoso di un blocco degli scatti. Quel 2% non andrà ad incidere sui versamenti previdenziali per tutta la nostra vita lavorativa.
Se aggiungiamo un altro 2% del mancato carovita, l’aumento del 10% della cassa malati, l’aumento delle assicurazioni in generale, l’aumento del moltiplicatore cantonale delle tasse… fa male, perché mi impegno ogni giorno a dare il massimo delle mie energie nel lavoro in cui credo e nonostante questo ci sono persone che mi vedono (ci vedono) come un costo, come dei privilegiati.
Si vuole rendere il settore pubblico produttivo come quello privato. Ma il settore privato non brucia così i propri collaboratori. Le grandi imprese private investono per motivare i propri dipendenti ed evitare la fuga di talenti. Il settore privato quando le cose non vanno bene chiede di fare dei sacrifici, che vengono accettati. E quando le cose vanno bene, premia la performance, distribuisce dei bonus e valorizza i suoi dipendenti.
E nel settore pubblico? Quando le cose vanno male taglia e quando vanno bene fa degli sgravi fiscali!
Parliamo di attrattività
Vi porto un aspetto positivo: il dialogo con la Direzione di Polizia. Ci incontriamo più volte all’anno. Il Comandante si dice favorevole a ogni misura che possa aiutare a rendere più attrattiva la nostra professione ma chiaramente, imposto dal datore di lavoro, a costo zero.
Cosa possiamo fare per rendere questa professione più attrattiva a costo zero?
l nostro è un lavoro vocazionale ed è proprio questa vocazione che ci lega alla professione. Però, taglia di qua, togli il contributo di là, smussa lì, aumenta i compiti e le responsabilità, togli personale da là… quando l’impegno viene premiato con un costante peggioramento delle condizioni, ad un certo punto la vocazione finisce! E quando è finita?
Le condizioni di lavoro della Polizia Cantonale non sono parificate a quelle dei nostri cugini delle Polizie Comunali. Hanno inventato il RUGRAS… Diciamocelo, non facciamo lo stesso lavoro, non abbiamo le stesse competenze, non abbiamo le stesse responsabilità, ma hanno parificato i nostri stipendi.
E il risultato qual è? Che in certe Polizie comunali, un agente della mia stessa scuola, guadagna 900 franchi in più al mese.
Perché un collaboratore se ne va? È davvero solo una questione di soldi? O si tratta di un mix di fattori come ad esempio la conciliabilità con il tempo libero e la famiglia?
Il sindacato si sta muovendo per cercare di cambiare le cose. La mozione per uno statuto di Polizia è stato un primo passo e nonostante il Governo abbia dato un preavviso negativo, porteremo comunque avanti questa proposta.
Come stiamo?
Sono passati un paio di anni da quando abbiamo fatto quel «Fisica-Mente» e a oggi, oltre ad una stringata sintesi dei principali risultati ad aprile 2022, non abbiamo ottenuto nessuna informazione di dettaglio. Il nostro sindacato ha più volte chiesto di poter vedere i dati raccolti per capire un po’ meglio «la temperatura» del personale di Polizia… questi dati non li abbiamo mai ricevuti. Quello che faremo come sindacato sarà inviare un sondaggio a tutti gli agenti per riuscire a raccogliere, almeno in parte, le preoccupazioni e le suggestioni di tutti voi.
Cosa facciamo come sindacato
Sono una persona pratica ma mi rendo conto che muoversi all’interno del dinosauro Stato è complesso e non sempre si ottengono dei risultati immediati. Posso garantirvi che di carne al fuoco ce n’è davvero tanta e qualche battaglia sindacale quest’anno l’abbiamo vinta. Prima su tutte la cassa pensioni!
Io non penso ancora alla mia vecchiaia, sono giovane! Ma quello che stava per accadere (o che forse accadrà) ci avrebbe messo davvero nei pasticci! Se i sindacati, e lo ripeto, i sindacati non avessero trovato un accordo con il Consiglio di Stato, molti la pensione l’avrebbero passata all’estero!
L’accordo è stato trovato. Non è la soluzione ottimale, ma un accordo richiede dei compromessi e almeno se ne è raggiunto uno.
Cos’è successo? È molto semplice: le prestazioni erogate dall’IPCT sono maggiori delle entrate e questo perché in passato sono state prese delle decisioni sbagliate. E chi ha preso queste decisioni sbagliate? Di certo non le ho prese io e di certo non le avete prese voi!
Il buon senso direbbe che per gli errori di management, è il management che deve pagare. E invece no. Per una parte della politica ancora una volta il conto deve essere pagato interamente dai lavoratori.
L’accordo è semplice. Ognuno di noi paga qualcosina in più, parliamo del 0.8% circa per ricevere una rendita a 65 anni più o meno uguale a quella che prenderemmo oggi. Noi verseremo qualcosa in più per prendere uguale. Quello che verseremo in più andrà però interamente sul nostro avere di vecchiaia e il datore di lavoro paga qualcosina in più per risanare quella voragine creata dalle decisioni sbagliate del passato. Possiamo stare a parlare di attrattività ma se perdiamo anche questa battaglia, possiamo anche smettere di fare grandi ragionamenti su come migliorare le nostre condizioni lavorative.
All’IPCT non siamo affiliati solo noi, sono affiliate circa 17’000 persone con alle spalle 17’000 famiglie! Quando il popolo sarà chiamato alle urne, i 17’000a affiliati con tutti i parenti e amici dovranno andare a votare compatti!
Una certa politica cercherà ancora una volta di dividerci, di contrapporre i dipendenti pubblici a tutto il resto della popolazione, adducendo che siamo dei privilegiati e che «non è giusto che il popolo paghi per gli errori del parlamento».
Io chiedo alla Politica di prendersi le proprie responsabilità. Le responsabilità di quelle scelte sbagliate. Parte dei nostri contributi già oggi non ci viene accreditata ma va a risanare la cassa.
Alessandro Polo, Presidente sindacato OCST funzionari di polizia