Entro il 31 marzo l’azienda cesserà l’attività: presentato il piano sociale definitivo.

Con una comunicazione distribuita a tutti i collaboratori nel corso della giornata dell’8 ottobre si chiude la vicenda relativa alla Mubea Fabbrica Molle SA. La direzione, su decisione definitiva del Consiglio di Amministrazione e quindi della proprietà, ha presentato a tutti i collaboratori la versione finale del piano sociale volontario.

Apprendiamo leggendo, che l’obiettivo dell’azienda è assistere e accompagnare i propri collaboratori nella ricerca di una nuova occupazione, voler fare il massimo per limitare il numero di persone disoccupate ed evitare disagi sociali. Parole che risuonano come retoriche e prive di un vero impegno sociale visto il drammatico epilogo.
Il piano sociale, valido retroattivamente dal 20 agosto 2024 data di apertura della fase di consultazione, effettivamente concentra diverse risorse sul supporto alla ricerca di un nuovo lavoro. L’azienda si rende disponibile a concedere permessi retribuiti per sostenere colloqui e ad assentarsi per la ricerca di alternative professionali e, tramite una collaborazione con la Fondazione Terzo Millennio, ha sviluppato un progetto di outplacement aperto a tutti i dipendenti.
Oltre a questo pacchetto di misure sono previste, in caso di disdetta data da Mubea, prestazioni sociali d’uscita che variano in funzione dell’anzianità di servizio. Da un minimo di due ad un massimo di cinque mensilità con la possibilità, nel caso di over 58, di ottenere un’ulteriore prestazione. Tutti gli ultra 58enni che decidessero di cessare l’attività lavorativa in Svizzera otterrebbero il pagamento dei contributi, la quota a carico dell’azienda, presso la cassa pensione per un ammontare massimo pari a quanto dovuto dal momento della cessazione e fino all’età ordinaria di pensionamento. Anche nel caso in cui un collaboratore desse le dimissioni volontariamente, rispettando i termini contrattuali o trovando sui tempi di uscita un accordo con la direzione operativa, viene riconosciuta una prestazione pari alla metà di quanto stabilito in caso di disdetta (quindi da un minimo di una mensilità ad un massimo di due e mezzo). Vi sono poi i casi di rigore individuali, per cui il consiglio di amministrazione si riserva la possibilità di venire incontro a particolari esigenze personali o familiari di modo da limitare il più possibile i disagi derivanti da una possibile fase di disoccupazione.
L’OCST prende atto del risultato finale il quale, senza voler assolutamente essere un giudizio di merito, è meglio che niente soprattutto pensando alla prima versione proposta che metteva in gioco un numero ridotto di risorse e senza un’articolazione legata agli anni di anzianità. Il miglioramento delle condizioni si deve soprattutto alle osservazioni mosse dal personale che in questi mesi, pur con una grande preoccupazione e delusione, ha saputo reagire con grande lucidità e ragionevolezza. 
Tuttavia, ancora una volta di fronte ad una ristrutturazione aziendale rimangono aperte una serie di perplessità che mettiamo in evidenza. La prima, su cui l’OCST sta riflettendo ormai da diverso tempo: a cosa serve una fase di consultazione se poi viene completamente ignorato il parere dei collaboratori? 
Inoltre: che senso ha una responsabilità sociale se poi l’impresa che l’adotta non guarda in faccia niente e nessuno nel perseguire i suoi obiettivi di profitto? 
E ancora, ma non ce ne vogliano le associazioni dei datori di lavoro: senza contrattazione e senza partnership contrattuali evitando il confronto tra le parti si generano meno idee e con meno idee si fanno più errori. 
Infine, che futuro ha l’industria in Ticino? Anche in questo caso esprimiamo una preoccupazione vecchia di qualche anno anche perché i casi d’imprese che hanno scelto di lasciare il Ticino sono ormai diversi e diversificati negli ultimi anni. Il tema della competitività del nostro territorio si fa qui centrale: cosa si è fatto, cosa si sta facendo e chi si sta impegnando a livello d’innovazione, efficienza finanziaria, mercato del lavoro e diversificazione delle esperienze professionali?

Paolo Coppi