Negli ultimi anni, il settore industriale ticinese è stato confrontato con ristrutturazioni aziendali e ondate di licenziamenti collettivi. Tra i casi più eclatanti nel luganese, quello di Bioggio Pharma Manufacture SA (BPM) spicca per la sua drammatica evoluzione.
Il 4 marzo 2025, con un comunicato stampa ufficiale, l’azienda ha annunciato la chiusura definitiva delle attività e il conseguente licenziamento collettivo di tutti i dipendenti. Una notizia che ha generato sgomento tra i lavoratori, ma che non è giunta del tutto inaspettata.
Nel 2022, infatti, l’azienda aveva già avviato un’importante riduzione del personale a causa del costante calo dei volumi produttivi, mettendo in allerta sindacati e istituzioni. Purtroppo la perdita di un importante contratto di produzione conto terzi ha reso impossibile la sostenibilità economica dell’impresa, portandola a prendere la drammatica decisione di concludere la produzione entro il 31 agosto 2025. L’azienda ha affermato che continuerà a cercare acquirenti fino alla chiusura definitiva, cercando anche di garantire trasparenza e correttezza nei confronti del personale colpito.
I limiti della procedura sui licenziamenti collettivi: una tutela solo formale?
La chiusura di Bioggio Pharma Manufacture SA, come pure i licenziamenti avvenuti in altre realtà industriali, solleva interrogativi sulla reale efficacia delle procedure previste per i licenziamenti collettivi. La normativa attuale (art. 335d CO) prevede l’obbligo, per le aziende con più di 20 dipendenti, d’informare l’autorità pubblica, ma soprattutto di avviare una procedura di consultazione prima di confermare le disdette, consentendo ai lavoratori di proporre alternative per evitarle o mitigarne le conseguenze. Tuttavia, la prassi dimostra che troppo spesso questo passaggio si traduce in un atto puramente formale, in cui i lavoratori e i sindacati vengono informati di una decisione già presa, senza reali margini di negoziazione.
Il caso BPM risulta essere una conferma: nonostante l’azienda abbia comunicato ufficialmente l’avvio della consultazione e il coinvolgimento delle autorità cantonali, la realtà è che la decisione sembra essere già stata presa. Infatti, la direzione ha già indicato una data certa per la chiusura definitiva dello stabilimento (31 agosto 2025), lasciando pochi margini per un vero confronto su alternative ai licenziamenti. Questo solleva dubbi sulla funzione stessa della procedura, che rischia di essere un semplice passaggio burocratico, svuotato di significato con l’aggravante di generare false aspettative a lavoratrici e lavoratori.
L’OCST ritiene sia necessario rafforzare gli strumenti di tutela per i lavoratori colpiti dai licenziamenti di natura collettiva. Le misure dovrebbero includere: obblighi più stringenti per le imprese, un reale coinvolgimento dei collaboratori che rischiano il loro posto di lavoro, sanzioni in caso di violazione della procedura e maggiore coinvolgimento dei sindacati e delle istituzioni cantonali nella ricerca di soluzioni alternative.
Il settore farmaceutico regge, l’industria ticinese no
In risposta al comunicato di BPM, Farma Industria Ticino ha dichiarato che la chiusura dell’azienda di Bioggio non riflette una crisi del settore farmaceutico nel Cantone. Anzi, il settore si mantiene solido e competitivo a livello internazionale, nonostante le sfide congiunturali.
Questa distinzione è fondamentale per evitare facili allarmismi: non siamo di fronte a una crisi generalizzata del comparto farmaceutico. Tuttavia, il caso di BPM è sintomatico di una tendenza più ampia di arretramento industriale in Ticino, un fenomeno che va oltre il settore farmaceutico e che merita un’attenta analisi e strategie concrete per rilanciare il tessuto produttivo locale.
La Bioggio Pharma Manufacture SA chiude i battenti, ma non è un caso isolato: il fenomeno della delocalizzazione e della crisi del settore industriale in Ticino è un segnale d’allarme. È necessario che il dibattito si sposti dal caso singolo a un’analisi più ampia delle dinamiche economiche regionali. L’industria ticinese sta perdendo terreno e serve una presa di posizione chiara da parte delle istituzioni per evitare il progressivo impoverimento del tessuto produttivo del Cantone.
In questo scenario, diventa urgente avviare un confronto a livello politico ed economico sulle strategie di rilancio industriale in Ticino, affinché si evitino altri dolorosi annunci e si garantisca un futuro solido e sostenibile ai lavoratori e alle loro famiglie.
L’impegno di OCST per una transizione equa
L’OCST prende atto con preoccupazione della chiusura di BPM e si impegna a supportare i dipendenti coinvolti nella ricerca di misure di accompagnamento e ricollocamento adeguate. Il sindacato lavorerà per garantire che i lavoratori ricevano il supporto necessario in questa fase difficile.
Situazioni come quella di BPM dimostrano quanto sia fondamentale rafforzare il dialogo tra le parti sociali, non solo per gestire al meglio le crisi aziendali, ma anche per prevenire la perdita di posti di lavoro attraverso strategie di riqualificazione e ricollocamento. L’OCST continuerà a battersi per soluzioni concrete, affinché la voce dei lavoratori sia ascoltata e la loro dignità professionale tutelata.
Paolo Coppi