La versione completa del documento contiene un’analisi approfondita della situazione del lavoro a tempo parziale in Svizzera, della sua evoluzione, delle sfide sociali ed economiche, nonché delle possibilità di rendere questo modello più equo e accessibile a tutte e a tutti. Questa versione breve riassume gli elementi essenziali, comprese le diciannove richieste di Travail.Suisse per la modernizzazione del «modello svizzero».

Il lavoro a tempo parziale in Svizzera: situazione attuale
Il lavoro a tempo parziale è una caratteristica importante del mercato del lavoro svizzero: nel 2022 riguardava quasi il 37% delle persone attive, rispetto al 32% nel 2002. Questa forma di impiego risponde a un bisogno crescente di equilibrio tra vita professionale, familiare e sociale. Permette di avere tempo per la cura dei figli e dei familiari, per la formazione o per l’impegno civico, anche se talvolta è una scelta imposta dal datore di lavoro o dalla gravosità di alcune professioni.
La distribuzione del lavoro a tempo parziale resta fortemente legata al genere: nel 2022, il 56,8% delle donne lavorava a tempo parziale, contro solo il 16% degli uomini. Tuttavia, la tendenza sta cambiando: sebbene le donne continuino a rappresentarne la grande maggioranza, la quota di uomini è aumentata del 53% tra il 2010 e il 2022.

Evoluzione della partecipazione delle donne e delle madri
La diffusione del lavoro a tempo parziale ha permesso un aumento significativo del tasso di occupazione femminile, in particolare delle madri. Nel 2022, quasi l’80% delle donne con figli piccoli era attiva, contro il 51% nel 1992. Le madri privilegiano sempre più tassi di occupazione elevati (tra il 50% e l’89%), mentre i lavori a tempo parziale molto ridotti (meno del 50%) sono in diminuzione. Questa evoluzione smentisce il preconcetto secondo cui le donne non sarebbero sufficientemente attive nel mercato del lavoro. Oggi, il tasso di attività in equivalenza al tempo pieno delle persone con figli sotto i 15 anni supera quello delle persone senza figli della stessa fascia di età.

Un fenomeno che riguarda tutti i livelli di formazione
Contrariamente a un’idea diffusa, il lavoro a tempo parziale non riguarda solo le persone altamente qualificate. Viene praticato da persone di tutti i livelli di formazione, anche se la quota di persone con una formazione terziaria è in aumento tra i lavoratori a tempo parziale. Le donne con una formazione di livello secondario II restano le più numerose a scegliere questa modalità di impiego.


Bisogni dei genitori
Le giovani generazioni aspirano a una maggiore uguaglianza, che si traduce con un notevole aumento del lavoro a tempo parziale tra gli uomini. Se non fossero soggetti a vincoli esterni, la maggior parte degli uomini (siano essi padri o no) desidererebbe un grado di occupazione ridotto. Lo stesso vale per la maggior parte delle donne, ma solo per quelle che non hanno avuto figli o i cui figli hanno più di 18 anni.

Disuguaglianze di accesso e precarietà
Il lavoro a tempo parziale non è accessibile a tutte le lavoratrici né a tutti i lavoratori. Chi ha redditi bassi, le famiglie monoparentali o coloro che lavorano in determinati settori spesso non hanno la possibilità economica di ridurre il proprio grado di occupazione. Per loro, il lavoro a tempo parziale può andare di pari passo con precarietà, se non addirittura «povertà lavorativa» (working poors), e ricorso a soluzioni di custodia poco soddisfacenti per i figli.

Ripartizione dei ruoli secondo il genere e lavoro non retribuito
Il modello familiare svizzero non è egualitario: sebbene entrambi i genitori siano sempre più attivi professionalmente, la distribuzione dei compiti rimane squilibrata. Le donne si fanno carico della maggior parte del lavoro domestico e di cura, mentre gli uomini restano prevalentemente occupati in un lavoro a tempo pieno retribuito. Questo squilibrio ha conseguenze a lungo termine in particolare sulla pensione delle donne che, seppur più longeve, maturano diritti pensionistici inferiori a causa del loro grado di occupazione minore. Il lavoro non retribuito (come il lavoro domestico, la cura dei familiari, il volontariato) ha un valore economico importante, ma viene riconosciuto solo parzialmente dalla società e dalle politiche pubbliche. I vantaggi fiscali e il riconoscimento indiretto restano insufficienti per compensare queste disuguaglianze.

Sottoccupazione, pluri-occupazione e abusi
Il lavoro a tempo parziale può anche essere una scelta obbligata, ad esempio nei casi di sottoccupazione o di pluri-impieghi per raggiungere un reddito sufficiente. Talvolta è imposto dal datore di lavoro per rispondere alle proprie esigenze di flessibilità, a scapito della stabilità dei lavoratori. I recenti attacchi politici contro il lavoro a tempo parziale dimostrano una scarsa comprensione di queste realtà e non portano a nessuna misura pertinente a favore delle persone coinvolte.

Vantaggi e svantaggi del lavoro a tempo parziale
Il lavoro a tempo parziale offre diversi vantaggi: una migliore conciliazione tra vita professionale e privata, riduzione dello stress, più tempo per la famiglia, la formazione o l’impegno sociale. Tuttavia, comporta anche degli svantaggi: salari più bassi, minori diritti sociali, possibilità di carriera limitata, maggiore precarietà in alcuni settori. Non dimentichiamo che l’attività professionale delle donne ha contribuito ad alleggerire il peso della responsabilità economica familiare che in passato gravava sulle spalle degli uomini. L’obiettivo da raggiungere è quello di una distribuzione equa di tutte le responsabilità, comprese quelle legate alla sfera domestica e familiare.

Obiettivi e principi per un modello più equo
Il documento sottolinea tre bisogni fondamentali:
- disporre di tempo per sé stessi, la propria famiglia e la società.
- Poter scegliere liberamente il proprio modello di vita e l’organizzazione familiare.
- Pianificare e organizzare la vita secondo le proprie aspirazioni. L’attività professionale non deve essere l’unico criterio di riconoscimento sociale. È fondamentale disporre di un tempo di qualità per la famiglia e la vita privata, e combattere lo stress e l’esaurimento. L’uguaglianza tra donne e uomini deve restare un obiettivo centrale.
 
Le rivendicazioni di Travail.Suisse
Per modernizzare e rendere più equo il modello svizzero del lavoro a tempo parziale, Travail.Suisse chiede diverse misure:
- migliorare le condizioni di lavoro a tempo parziale (diritti sociali, accesso alla formazione, possibilità di carriera).
- Rivalutare i salari nei settori a prevalenza femminile e combattere i pregiudizi di genere.
- Riconoscere e attribuire un valore reale indiretto al lavoro non retribuito, indispensabile per il funzionamento della società.
Sono state formulate diciannove rivendicazioni concrete, di cui sette mirano a facilitare la conciliazione tra vita professionale e vita privata:
1. Introdurre il diritto al lavoro a tempo parziale in caso di responsabilità familiari (bambini in età prescolare, familiari bisognosi di cure), con il diritto di tornare al tasso di occupazione originario dopo un certo periodo.
2. Introdurre il diritto a giorni di riposo fissi in caso di lavoro part-time. Ad esempio: per un tasso di occupazione del 60%, un massimo di quattro giorni di lavorativi a settimana, con un giorno libero fisso.
3. Introdurre il diritto alla formazione continua in azienda, indipendentemente dal grado di occupazione e dal genere.
4. Incoraggiare il modello di job-sharing e top-sharing tramite campagne informative e permettere alle persone interessate di condividere un posto di lavoro, a prescindere dal loro livello gerarchico e dalle loro responsabilità.
5. Stabilire la durata massima dell’orario settimanale in proporzione al grado di occupazione.
6. Per le persone che lavorano a tempo parziale, calcolare il massimo di ore supplementari settimanali in proporzione all’orario effettivo. Ciò significa che il massimo di ore supplementari dev’essere ridotto in base al tasso di occupazione.
7. Ridurre l’orario massimo giornaliero e serale a 10 ore per chi deve essere fisicamente presente sul posto di lavoro.
Spesso lavorare a tempo parziale sembra essere la soluzione migliore per preservare la salute quando le condizioni di lavoro non sono buone. Ecco due rivendicazioni che riguardano gli orari di lavoro:
8. Ridurre in modo significativo per tutti l’orario settimanale massimo previsto dal contratto.
9. Ridurre la durata legale di lavoro in tutti i settori senza perdita di guadagno, per prevenire il burnout e migliorare la conciliazione tra vita professionale, familiare e privata, e promuovere la parità di genere.
Lavorare a tempo parziale impatta indubbiamente sulla previdenza per la vecchiaia. Per questo si affrontano punti specifici di questa tematica con quattro rivendicazioni:
10. Raggruppare automaticamente le diverse attività lavorative in un’unica cassa pensione e obbligare i datori di lavoro ad assicurare l’intero importo (per prevenire il trattamento sfavorevole dovuto alla pluri-occupazione).
11. Ridurre la deduzione di coordinamento a condizione che il rapporto costi-benefici per gli assicurati sia adeguato.
12. Introdurre nella LPP (Legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità) un meccanismo per compensare la perdita di guadagno delle persone che riducono il proprio grado di occupazione per prendersi cura dei familiari (compiti di assistenza ed educativi). La Confederazione potrebbe, ad esempio, garantire un reddito minimo fittizio per chi, a causa del carico di cura o di educazione, deve ridurre il proprio orario di lavoro non raggiungendo più la soglia minima.
13. Diffondere informazioni riguardo le conseguenze del lavoro a tempo parziale sulla previdenza per la vecchiaia.
Le grandi differenze salariali tra donne e uomini, specifiche per ogni settore, sono un fattore centrale della distribuzione iniqua del lavoro retribuito tra i sessi. Contrastare questo fenomeno passa attraverso la rivalutazione dei salari più bassi e la lotta continua contro i pregiudizi di genere:
14. Combattere la discriminazione salariale attraverso la revisione della Legge sulla parità dei sessi, introducendo l’obbligo di analisi più ampie, di controlli e di sanzioni.
15. Riconsiderare e aumentare i salari nei settori economici a prevalenza femminile (sanità, servizi sociali, pulizie, commercio al dettaglio, ecc.) tramite partenariati sociali e contratti collettivi di lavoro o contratti collettivi adeguati.
16. Lanciare un’offensiva di formazione continua rivolta alle persone poco qualificate, finanziando i costi diretti e indiretti e offrendo moduli compatibili sia con la cura dei figli che con l’attività professionale.
17. Avviare regolarmente campagne contro i pregiudizi sessisti, in particolare contro la tradizionale divisione dei ruoli e la stigmatizzazione delle madri lavoratrici (indipendentemente dal loro grado di occupazione).
Le ultime due rivendicazioni riguardano il lavoro riproduttivo non retribuito:
18. Sviluppare strumenti per riconoscere le competenze e le conoscenze acquisite durante le attività non retribuite, per determinare il salario (inclusi i CCL).
19. Aumentare gli accrediti per compiti educativi e di assistenza nell’AVS (vedi la rivendicazione n. 12).

Conclusione
In una società in cui la pressione professionale resta elevata, il lavoro a tempo parziale si è affermato quale soluzione alla mancanza di tempo. Da un lato, ha favorito una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro; dall’altro ha contribuito a consolidare le disuguaglianze legate al genere e all’accesso alle opportunità. Affinché questo modello diventi un vero strumento di uguaglianza, deve essere reso accessibile a tutti, valorizzato e protetto dagli abusi. L’obiettivo a lungo termine è una società in cui tutti i compiti, sia produttivi che riproduttivi, siano equamente condivisi tra i diversi membri del nucleo familiare, perché ciascuno possa scegliere liberamente il proprio stile di vita e realizzarsi pienamente.

Traduzione C. Calderoni

Materiale della conferenza stampa: https://www.travailsuisse.ch/fr/egalite-conciliation/conciliation/2025-06-23/conference-de-presse-le-modele-suisse-du-temps-partiel