«Ecco verranno giorni…» Così inizia una bella pagina del profeta Geremia. In questa espressione così semplice, mi sembra di percepire un sentimento di speranza, di novità, che ben esprime la ricerca e l’attesa della felicità.

Forse questo sentimento lo sperimentiamo anche noi quando pensiamo che il domani potrà portarci giorni migliori, in cui vivere più sereni. Giorni nei quali alcuni dei nostri desideri più profondi possano esaudirsi.
Ognuno desidera giorni belli, che valga la pena vivere e ricordare con gioia. Il profeta Geremia dice che verranno giorni in cui il Signore porrà la sua legge nei nostri cuori. Cosa vuol dire? Stabilirà «una nuova alleanza», cioè una nuova amicizia, con Dio. Egli stesso ci donerà il suo santo Spirito che vivrà in noi. Uno Spirito di fiducia, di gioia, di forza, di amore, di entusiasmo, di consolazione. Noi crediamo che questi giorni si realizzino nella Pasqua di nostro Signore. È Lui che porta a termine questa nuova alleanza, che infonde nei nostri cuori il suo Spirito, che ci dona la sua pace. La pace è il messaggio principale del mattino di Pasqua. «Vi do la mia pace» dice il Signore Gesù. Poi aggiunge: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Il Signore ci invia nel mondo a dare testimonianza del suo amore, a raccontare che la morte è stata sconfitta, che il peccato è stato vinto, che il limite è stato superato. Finalmente è possibile vivere da fratelli, perché «le spade si cambieranno in aratri e le lance in falci». C’è una pace possibile, quella pace che è dono di Cristo, perché senza di Lui non possiamo fare niente. La pace non è mero impegno di uomini, ma accettazione di quell’amore incondizionato che ci fa riconoscere anche nel volto del nemico, «un altro me» da amare, perché tutti siamo figli di un unico Padre.
La Pasqua è l’annuncio di una grande speranza, di giorni di pace, di giorni in cui è possibile realizzare tutto ciò che desideriamo per noi, per le persone care, per il mondo, in virtù della risurrezione di Cristo. È possibile giungere a quella felicità che sempre attendiamo e speriamo, abbandonandoci con fiducia all’abbraccio amorevole del risorto che ci dice: «Non temete, sono io!».
Mi sento quindi di dirvi che: «Il cristianesimo non è facile, ma è felice», rubo questa frase dal messaggio di San Paolo VI per gli auguri pasquali del 1969.
Un augurio che ritengo ancora valido. Anche oggi vale la pena avventurarsi nella ricerca della felicità. Siamo animati da un desiderio profondo di pienezza di vita, di soddisfazione, di piacere, di bellezza, perché abbiamo nel cuore una profonda nostalgia dell’Infinito. Realizzare i nostri desideri, però non è facile, è faticoso.
Immaginiamo uno sportivo o un artista, che ripete costantemente tante volte lo stesso gesto alla ricerca della prestazione ottimale. E quando finalmente giunge a trovare la forma giusta che gli consente di ottenere ciò che desidera, trova quell’appagamento che gli fa dire: «Ce l’ho fatta, ma che fatica!» È così anche nella vita. Se con perseveranza ci sforziamo di giorno in giorno di accettare la fatica del lavoro, l’impegno per la giustizia, per la pace, per la solidarietà, possiamo trovare quella luce che ci consente di sperimentare un po’ di felicità.
La felicità, però, non è tanto il risultato dei nostri sforzi, quanto dono di colui che, accettando di morire sulla croce, ha vinto il male e la morte per sempre. Se vogliamo trovare la felicità dunque, è necessario passare attraverso la sofferenza della croce, così come è toccato a nostro Signore. Solo guardando a Cristo crocifisso e risorto, possiamo trovare la nostra piena felicità, quella felicità del cuore che ci apre un orizzonte ampio di fiducia e di speranza nonostante le incertezze del vivere. Sì, vale la pena vivere, proprio perché Cristo è risorto. Egli è colui che ci dona la pace e con la pace la sua gioia, di essere veramente felici.
Buona Pasqua.

Don Marco Dania