In questi giorni si sono spese molte parole sul tema controverso della riapertura delle scuole il prossimo 11 maggio. Tutte opinioni legittime, interessanti e qualificate che però, a mio personale modo di vedere, meritano alcune riflessioni. In questa difficile fase pandemica, che è lungi dall’essere terminata, l’ultima cosa da fare è quella di mettere in bagarre una discussione difficile e delicata.
Questo mio intervento vuole però affrontare le decisioni che verranno prese pensando a chi si troverà in prima persona a viverle o subirle. Penso in questo caso ai docenti, giovani e meno giovani, sani o di salute precaria, con famigliari in buona salute o con patologie. Donne e uomini che, come tanti altri lavoratori che ormai (o purtroppo) hanno ripreso la loro attività professionale, stanno vivendo con particolare preoccupazione o incertezza i giorni che li separano dalla situazione attuale a quella in cui i portoni delle scuole verranno riaperti. 
 
Docenti che hanno investito molte risorse e molto impegno per poter rivedere in tempi record il metodo d’insegnamento, passando da quello in presenza a quello a distanza. Un sistema che sicuramente è meno efficiente e meno inclusivo ma che è stato rivisto in pochissimo tempo e che vede quotidianamente i docenti impegnati nell’accompagnare gli studenti nel proprio percorso scolastico. Dico questo perché pensare a docenti “in vacanza” dall’inizio della pandemia è estremamente scorretto e intellettualmente disonesto nei confronti di chi, fondamentalmente dall’inizio dell’emergenza Covid19, ha cercato di ridurre al minimo il disagio per i nostri figli.
 
Nel dibattito in corso, ancora una volta viene caricato di responsabilità non sue il ruolo del docente. Pensando alle difficoltà degli allievi che si trovano a vivere condizioni di disagio, per le quali chi vi scrive è estremamente sensibile, non si può far credere che la riapertura della scuola sia la soluzione a tutti mali. I numerosi problemi sociali che affliggono la nostra società devono essere risolti su più livelli, in primis, sostenendo le famiglie e non delegando compiti sociali ed educativi ai docenti che come prima missione da assolvere hanno quella della formazione di nostri figli. 
 
Vi è poi un potenziale problema che riguarda diverse strutture scolastiche del nostro cantone, le quali dispongono di un sistema di ricircolo interno dell’aria insufficiente e all’interno delle quali non è possibile aprire le finestre per garantire un naturale e sufficiente ricambio dell’aria. Non occorre spiegare che, in questa fase di pandemia, la qualità dell’aria è un tema di grandissima importanza. Non è giusto che si scarichi la responsabilità di questo problema sulle direzioni scolastiche.
 
Concludo auspicando che l’anno scolastico venga portato a termine senza dover frequentare le mura scolastiche, per non perdere l’importante lavoro messo in atto dei docenti in questi mesi ma soprattutto perché, come abbiamo avuto modo di ribadire più volte, al primo posto deve essere messa la tutela della salute.
 
Giorgio Fonio