Il Contratto nazionale mantello nel settore dell’edilizia principale giunge a scadenza a fine anno 2022 e deve essere dunque rinnovato. Le trattative procedono però a passo lento e, in particolare, la SSIC-CH insiste nel portare avanti con il contagocce una soluzione complessiva riguardo il «pacchetto orario di lavoro» che non potrà essere in alcun modo accettata dai lavoratori.

Cosa pretendono gli impresari costruttori dal nuovo CNM?
In termini generali, detta in sindacalese, vogliono l’annualizzazione dell’orario di lavoro. In concreto, chiedono agli edili di lavorare solo quando è possibile o necessario e scaricano sulle spalle dei lavoratori una pesante parte di rischio aziendale. Il calendario annuale di lavoro non serve più a nulla, il sabato se necessario si lavora senza particolari formalità, l’attività sul cantiere può variare da 48 a 0 ore settimanali su decisione esclusiva del datore di lavoro, in caso di interruzione per intemperie le ore perse possono essere recuperate ed i lavoratori saranno impiegati -compreso il tempo di viaggio per raggiungere i cantieri- in una finestra massimale di 58 ore di lavoro settimanali (alla faccia della Legge federale sul Lavoro). In alternativa, per dare una falsa parvenza di lungimiranza contrattuale, la SSIC-CH propina soluzioni impraticabili attraverso un nuovo modello di flessibilità che prevede di riportare ogni mese dei saldi negativi (per un massimo di - 40 ore) e positivi (per un massimo di + 60 ore).
Sia quel che sia, è chiaro cosa vogliono gli impresari costruttori dal nuovo CNM: gestire «à la carte» il tempo di lavoro e respingere completamente le aspettative dei lavoratori. Lavoratori edili che, va detto a chiare lettere, non accetteranno mai di rimanere a disposizione continua del proprio datore di lavoro fino a 12 ore al giorno dal lunedì al sabato (ritenuto che questa spropositata disponibilità potrebbe lievitare sino a 13-14 ore al giorno se si considerasse anche del tempo di viaggio cantiere-casa a carico dei lavoratori).
I lavoratori edili sanno perfettamente che la propria attività non potrà mai essere organizzata alla stessa stregua «di un turno di lavoro in fabbrica». La flessibilità è implicita nel lavoro edile (stagioni calde e fredde, luce estiva e invernale, imprevisti tecnici, urgenze ineluttabili) e, proprio per questo, i lavoratori hanno sempre responsabilmente dimostrato di saperla affrontare. Ma a tutto c’è un limite e la SSIC-CH, muovendosi al tavolo delle trattative come descritto, questo limite lo sta manifestamente superando.
I lavoratori edili sono pure consapevoli che questa trattativa di rinnovo cade nel periodo «meno favorevole» per gli impresari costruttori: le occasioni di lavoro non mancano ma il rincaro del costo delle materie prime (fino a + 30%) e gli aumenti dei costi dell’energia e dei carburanti incidono pesantemente sul costo d’opera. Gli stessi lavoratori hanno però anche loro un’urgente necessità di disporre di un salario con un potere d’acquisto mantenuto con adeguamenti nell’ordine del 3 fino al 5% (si pensi «solo» agli aumenti del carburante utilizzato per andare a lavorare, agli aumenti dei costi delle derrate alimentari e ai prospettati rincari dei premi cassa malati).

Riusciranno le parti a trovare la quadratura del cerchio ed accordarsi entro fine anno per il nuovo CNM?
Difficile, viste le distanze tra sindacati e impresari ma assolutamente indispensabile per garantire nel settore un equilibrio delle condizioni di lavoro e una concorrenza leale tra imprese.
L’attenzione adesso è tutta rivolta alla trattativa in agenda il prossimo 16 settembre a Berna. Piaccia o meno, questo round di negoziazione rappresenterà lo spartiacque nei rapporti tra lavoratori e imprese edili: detta in modo più esplicito, o si inizia a negoziare con il concreto impegno di addivenire rapidamente ad un accordo contrattuale oppure i lavoratori inizieranno a mobilitarsi, forti del fatto che senza di loro non si costruisce nulla! Evitare l’ineluttabile è ancora possibile: la palla passa ora nel campo della SSIC-CH.

Paolo Locatelli